L’autonomia personale per un non vedente

«Il concetto di autonomia personale è molto importante se riferito a un non vedente». Bachisio Zolo, non vedente egli stesso, è direttore della Formazione dell’ente Ierfop Onlus. Dell’argomento ne ha fatto una ragion di vita e di scuola. «Perché l’autonomia si acquisisce gradualmente e questo avviene anche attraverso il nucleo familiare con il quale si vive oppure nell’ambito domestico dove si abita se si è soli». Accorgimenti, attenzioni e soluzioni che potrebbero apparire banali per chi non si è mai posto il problema o non lo ha. «Attenzione, però» ammonisce Zolo, «perché “Autonomia personale” non significa “protezione” ma “controllo”». Qualche esempio? «Il non vedente nella propria abitazione deve essere il più autonomo possibile e oggi la tecnologia aiuta molto: pensiamo a chi sta in casa e deve cucinare i propri alimenti. È preferibile munirsi di una cucina non a gas ma a induzione elettrica» sottolinea il direttore della Formazione, «e insieme dotarsi di termometri acustici, parlanti che ci indicano la temperatura dell’acqua, del condimento che stiamo preparando». Ma come si fa a utilizzare gli ingredienti se non si possono leggere le etichette? «Oggi esistono delle app da scaricare sugli smartphone o sui computer in grado di “leggere” le etichette spiegandolo sonoramente oppure molte case produttrici mettono a disposizione indicazioni in braille». E poi il non vedente deve essere assolutamente “padrone” dello spazio che occupa nella propria abitazione. «Per evitare di andare a dormire dimenticando luci accese» rivela Zolo, «si possono installare dei rilevatori che con un bip segnalano l’interruttore aperto e così si risparmia l’energia elettrica non necessaria». E per vestirsi, senza uscire di casa magari con indumenti diseguali? «In casa è meglio separare gli indumenti secondo il loro colore e disporli o farli disporre da chi ti aiuta in appositi scomparti a scalare a seconda dell’articolo che si vuole indossare e così sarà anche per le scarpe». Il disabile visivo potrà così sapere quali indumenti e di che colore sono quando ne vorrà disporre. E poi la lavatrice, l’asciugatrice dove alcune case produttrici più diffusamente le dotano di comandi sonori o con istruzioni in braille. E poi quando si esce di casa. «Quando si esce e lo si vuole fare da soli è complicato» ammonisce Bachisio Zolo, «e allora sono necessari bastone e cane». A complicare il tutto contribuiscono due elementi: «il troppo rumore e il troppo silenzio quando si è in strada» racconta Zolo. Le auto elettriche che sempre più stanno prendendo piega nelle strade costituiscono un pericolo per i non vedenti che non possono riferirsi al loro rumore. E così anche i monopattini anch’essi a energia elettrica. Chiaro che non sentendo l’avvicinarsi di un mezzo così silenzioso diventa difficile riferirsi loro nei movimenti lungo le strade. A questo si aggiungono tutti gli ostacoli che si trovano nei marciapiedi delle nostre strade: cassonetti e mastelli per la raccolta dei rifiuti, pali della luce, macchine parcheggiate non regolarmente. «L’impiego di un cane aiuta molto» riconosce Bachisio Zolo. In Italia esistono cinque centri specializzati nell’addestramento dei quattro zampe “pelosetti” (Sicilia, Toscana, Lombardia, Piemonte e Friuli). «Il percorso di addestramento di un cane destinato ad accompagnare un non vedente» ricorda Zolo, «prevede un periodo che va dai sedici ai diciotto mesi. Prima devono essere affidati a chi ne ha bisogno per avviare un rapporto affettivo e poi, ai due anni, viene loro consegnato perfettamente addestrato alla bisogna». Un percorso di “formazione” del cane che ha un costo di addestramento di circa 20 mila euro. «Al cieco però», sottolinea Zolo, «viene dato gratis». Iniziando così un rapporto tra cane e “padrone” davvero molto particolare e proficuo.

Bachisio Zolo

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