Università, il boom dei corsi online
Le Università Telematiche in Italia? La loro attività registra un vero e proprio boom. A dirlo è il Rapporto Anvur 2023. Il Rapporto è uno strumento fondamentale per comprendere l’evoluzione del sistema universitario così come della ricerca in Italia grazie all’elaborazione di un rapporto biennale.
E i numeri, sempre quelli dicono come il corso universitario online sia sempre più preferito. Dai 52.118 iscritti nel 2014 si è passati nel 2024 a 273.762 su un totale di 1 milione e 725mila studenti universitari complessivi. Quasi uno studente su sei frequenta l’università telematica.
Chi sono le università telematiche
Il Gruppo Multiversity Spa conta 169.020 studenti attraverso le sue tre telematiche: Pegaso (99.556), Mercatorum (56.335) e San Raffaele Roma (13.129). Numeri che la rendono il primo polo universitario italiano. Scalzando la Sapienza di Roma con i suoi 111mila e 960 iscritti.
Le ragioni del successo
Quali sono i motivi e le ragioni di un simile successo di iscritti alle università telematiche? Certo una buona campagna di marketing e i costi (relativamente) bassi. Di certo è che riesce ad attrarre la fascia di studenti over 28 anni (sono il 57 per cento degli iscritti) e questo può indicare che attrae chi, dall’università tradizionale è rimasto escluso. I dati dicono anche che il 60 per cento degli iscritti nelle università telematiche siano anche lavoratori. In cerca di “un pezzo di carta” per promozioni interne e lavorative? Realistico.
La qualità dell’offerta didattica
L’offerta didattica delle università telematiche è contenuta nel Rapporto Anvur dove si fa una comparazione delle valutazioni periodiche degli Atenei pubblici con quelli «telematici» privati. Ebbene, le Università pubbliche ottengono in larga percentuale giudizi tra il «molto positivo» e il «pienamente soddisfacente» (soprattutto al Nord). Tra le telematiche, l’unico giudizio «pienamente soddisfacente» spetta a UniNettuno nata da un consorzio di università pubbliche (oltre al San Raffaele, secondo i primi dati delle nuove valutazioni che cominciano a essere pubblicate). Tutte le altre hanno dei giudizi molto più bassi e si arriva persino all’«avvertimento formale» del Ministero che indica la necessità di interventi correttivi per garantire il rispetto degli standard minimi di formazione richiesti dal sistema. Basti dire, che solo una su 80 tra le pubbliche ottiene questo giudizio estremamente negativo.
I corsi di studio
Se nel 2011, i corsi di laurea negli atenei telematici erano 70, nel 2024 si è arrivati a contarne ben 250: + 257 per cento. Ma qual è il rapporto numerico tra docenti e studenti? Anche qui il paragone è impietoso.
Nelle telematiche nel 2023 il rapporto è salito a 384,8 studenti per docente, mentre nelle università pubbliche si attesta a 28 studenti per docente.
Solo 710 docenti, per lo più a tempo determinato seguono quasi 174.000 studenti. Le università pubbliche hanno invece oltre 42 mila docenti, tra ordinari e associati. Chiaramente, tutto questo implica uno scarso lavoro di ricerca che si riflette sull’offerta formativa e sulla didattica. Quest’ultima si svolge con video lezioni in piattaforma online fruite dagli studenti nella quasi totalità dei casi in modalità asincrona.
Ciascun docente (quasi sempre precario e a tempo determinato) esamina gli allievi con test a scelta multipla.
Gli investimenti governativi
Ma quanto investe lo Stato italiano sull’Università pubblica? I dati ci pongono in coda nelle graduatorie europee. Basti pensare che l’Italia investe solo lo 0,55 per cento del Pil nella spesa pubblica (Anvur, 2023, pagina 45). In Francia è l’1,2 per cento del Pil mentre in Germania è 1,1, più del doppio. E i riflessi si vedono (ancora) nei numeri che dicono come l’Italia è tra le ultime in Europa con la media del 19,4 per cento di laureati tra i 25-34enni. E in Europa? Il 41 per cento (Anvur 2023, pagina 13).