In Spagna si riduce l’orario di lavoro a parità di stipendio

Era uno dei principali punti del programma politico del governo spagnolo: la riduzione del monte orario settimanale di lavoro ordinario che passa dalle 40 alle attuali 37,5 ore senza abbassamento dei salari. La misura è stata approvata dal Consiglio dei ministri spagnolo. Non è ancora un provvedimento definitivo perché si tratta di un “progetto di legge” che ora dovrà iniziare l’iter parlamentare. Intanto, l’argomento è al vaglio nonostante venga osteggiato dalle principali associazioni degli imprenditori.

E in Italia?

Da noi la discussione sulla riduzione dell’orario di lavoro è in stallo. Nel 2023 alcune aziende hanno fatto il passo con accordi aziendali. È avvenuto in Intesa Sanpaolo, Lamborghini, Luxottica. Ciascuno con formule diverse e studiate su misura rispetto alla propria linea produttiva.

Ma perché nel mondo del lavoro si parla di riduzione dell’orario lavorativo? Semplicemente per aumentare il tempo libero e restituendo il lavoratore alla sua famiglia.

C’è un problema però per l’Italia. La produttività, cioè il prodotto per ogni ora lavorata, da noi aumenta al rallentatore. Soprattutto meno, rispetto gli altri Paesi europei. Quindi, ci si potrà permettere una riduzione dell’orario di lavoro a parità di stipendio solo se si verificasse un aumento di produttività.

E c’è anche il fattore dei salari reali. In Italia rispetto al 2021, i salari reali sono calati dell’8 per cento producendo un calo del potere d’acquisto dei lavoratori.

E se i salari sono bassi, si fatica ad arrivare alla fine del mese. La conseguenza di questa situazione? I lavoratori tendono piuttosto a chiedere di fare qualche ora di straordinario per “arrotondare”. Senza contare gli orari ridotti con i part time che raggiungono il 60 per cento. E quindi, anche loro chiedono di lavorare di più. Davvero difficile quindi che in Italia si possa arrivare a una legge che regoli la riduzione dell’orario lavorativo.

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