Tra le donne dell’anno Ambra Sabatini, medaglia d’oro alle Paralimpiadi di Tokyo

Le tre atlete paraolimpiche al termine della finale di Tokyo dove hanno occupato l'intero podio

Le lettrici e i lettori della rivista D, supplemento dedicato all’universo femminile del quotidiano “La Repubblica” hanno inserito tra le donne dell’anno Ambra Sabatini, vincitrice dei 100 metri alle Paralimpiadi di Tokyo. Insieme alla velocista toscana figurano altre due grandi donne: la senatrice Liliana Segre e la fumettista tunisina Takoua Ben Mohamed. All’esordio in gara, a soli 19 anni Ambra Sabatini ha conquistato insieme al podio più alto anche il record del mondo nei 100 metri con il tempo di 14”11. La giornalista de “La Repubblica” Emanuela Audisio l’ha definita «La donna della pioggia, rain woman, perché quando le altre naufragano, lei vola nella tempesta». Ambra Sabatini era salita sul tetto del mondo nei 100 metri T63 insieme alle sue compagne di nazionale Martina Caironi e Monica Contrafatto. Nel 2019 aveva avuto un incidente che le aveva provocato l’amputazione della gamba sinistra. «Per me la vita è più piena adesso» racconta la campionessa, «anche perché ho incontrato nuove persone, ho scoperto nuovi mondi, ho scoperto cosa posso fare oppure posso ripetere quello che ho già fatto quando ero piccina». E ancora, «la mia passione per l’atletica è nata da ragazza, facevo mezzofondo, una specialità diversa, quindi mi sono dovuta adattare, ma fortunatamente ho avuto allenatori e tecnici che mi hanno aiutato». Nel dialogo con Emanuela Audisio pubblicato su D donne de “La Repubblica”, Ambra Sabatini ha rivelato un particolare poco conosciuto della sua esperienza alle Paralimpiadi di Tokyio: «la prima avversaria di me stessa sono io, nel senso che pretendo molto. Alle Paralimpiadi di Tokyo, in semifinale ho colpito con la lama della protesi l’altra gamba, un taglio profondo, per questo tutti pensavano che in finale non sarei andata veloce». Nell’intervista a D donne, l’atleta ha auspicato, inoltre, un cambiamento culturale a favore delle persone con disabilità, « perché serve anche un cambiamento culturale» conclude l’atleta paralimpica, «guardateci come persone e non come casi umani, non dispiacetevi troppo per la nostra sorte, ma aiutateci a costruire un mondo senza barriere architettoniche e mentali».

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