Invecchiamento e disabilità, temi sempre più attuali e all’attenzione della Scienza

Introduzione

Nelle ultime decadi si assiste a un progressivo invecchiamento della popolazione, fenomeno più noto come “rivoluzione demografica” o “transizione demografica”: circa il 18 per cento della popolazione a livello mondiale ha più di 60 anni e in Europa questo valore supera il 25 per cento.

Il progressivo invecchiamento è causato da diversi fattori, tra cui l’aumento della aspettativa di vita. Poiché l’aumento dell’aspettativa di vita generale non è correlato a un aumento dell’aspettativa di vita in buona salute, maggiore è l’età, maggiore è il rischio di sviluppare malattie e disturbi o sviluppare condizioni disabilitanti. C’è poi anche un altro aspetto: grazie all’aumento della qualità dei servizi socio-sanitari e sanitari, aumenta anche l’aspettativa di vita delle persone con disabilità che, a differenza del passato, possono quindi raggiungere fasi più avanzate della vita.

Definizione di disabilità

C’è un accordo internazionale sull’uso di una visione dinamica della disabilità ed è quella proposta dalla Classificazione Internazionale di Funzionamento, disabilità e salute dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e altri modelli concettuali di disabilità poi approvata e condivisa anche dalla Convenzione Onu dei Diritti delle persone con disabilità. Secondo questa visione, la disabilità è la conseguenza dell’interazione/rapporto della persona con le sue condizioni di salute e l’ambiente. Nel 2011 l’Organizzazione Mondiale della Sanità e la Banca Mondiale hanno pubblicato un rapporto sui dati mondiali riguardanti la disabilità. In questo report, la disabilità è considerata secondo la visione dinamica appena descritta e cioè come un processo dinamico, complesso e multidimensionale ed è la conseguenza dell’interazione tra la persona con la sua condizione di salute e l’ambiente. La principale conseguenza della visione dinamica della disabilità è una difficoltà nella stima della prevalenza della disabilità. Tuttavia, il rapporto stima che nel 2011 circa il 15,3 per cento delle persone fossero persone con disabilità. Circa il 2-4 per cento di queste persone con disabilità presenta gravi limitazioni funzionali. Il rapporto descrive le differenze tra Paesi (una maggiore prevalenza nei Paesi a basso reddito), le differenze di genere (una maggiore prevalenza nelle donne) e le differenze di età (una maggiore prevalenza negli anziani).

Modelli concettuali dell’invecchiamento e semantica dell’invecchiamento

Durante la seconda parte del Novecento in tutto il mondo vi è stato anche un importante processo di concettualizzazione sul tema dell’invecchiamento attivo, invecchiamento di successo, invecchiamento sano, invecchiamento positivo, invecchiamento evolutivo e dinamico. Esiste anche un accordo internazionale secondo cui “salute e invecchiamento attivo” non implica l’assenza di disturbi o malattie, ma si riferisce al benessere da un punto di vista biopsicosociale quindi si riferisce al benessere e qualità della vita anche in presenza di una malattia o di un disturbo. Questi argomenti sono strettamente soggettivi e definiti individualmente e socioculturalmente. Il lavoro pioneristico di Rowe e Kahn, sviluppato nel 1987 e poi ripreso negli anni successivi, pone l’attenzione sulla distinzione tra tre diversi tipi di invecchiamento: invecchiamento usuale, invecchiamento attivo e invecchiamento patologico. L’invecchiamento usuale è il vero fulcro dell’attenzione di questo modello, perché descrive persone che avrebbero un alto rischio di avere patologie legate all’età ma hanno anche la possibilità di controllarle e prevenirle. L’obiettivo di ogni tipo di intervento è prevenire l’invecchiamento patologico, ridurre il rischio di condizioni di salute legate all’età e le loro conseguenze, promuovere l’invecchiamento attivo e in salute e prevenire il passaggio dall’invecchiamento usuale a quello patologico. Se consideriamo ad esempio il modello concettuale proposto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), il significato di invecchiamento sano e attivo non implica l’assenza di disturbi o malattie ma si riferisce al benessere da un punto di vista biopsicosociale, quindi si riferisce al benessere e alla qualità della vita anche in presenza di una malattia o di un disturbo. L’OMS definisce l’invecchiamento attivo come un processo di ottimizzazione delle opportunità legate alla salute, alla partecipazione e alla sicurezza; quindi, queste sono le parole chiave legate all’invecchiamento attivo. Nel modello dell’OMS, le caratteristiche principali e gli elementi chiave che portano a una buona qualità della vita (e quindi un invecchiamento attivo) sono legati al riconoscimento della centralità della persona che invecchia e la possibilità di mantenere, lungo tutte le fasi di vita, autonomia (che significa mantenere il controllo e il processo decisionale nei diversi ambiti della nostra vita personale), indipendenza (la capacità di scegliere e svolgere, anche con l’aiuto, le attività della vita quotidiana) e una buona qualità della vita.

La relazione tra invecchiamento e disabilità

Nei primi anni del nuovo secolo vi sono state diverse riflessioni sulla relazione tra invecchiamento e disabilità che hanno portato a individuare due tipi di relazione (o di traiettorie): la prima è chiamata “invecchiamento con disabilità” e si riferisce a persone che invecchiano e che hanno avuto alcuni tipi di condizioni di salute “disabilitanti” sin dalla nascita, infanzia, infanzia o adolescenza, o età adulta, la seconda è denominata “disabilità con l’invecchiamento” e si riferisce a persone che invecchiano e sviluppano alcuni tipi di condizioni di salute “disabilitanti” durante l’invecchiamento (disturbi e malattie legate all’età). Con un generale aumento dell’aspettativa di vita per la popolazione generale e per le persone con alcuni tipi di condizioni di salute, i due tipi di relazione tra invecchiamento e disabilità tendono a convergere e vi è anche un terzo tipo di relazione: alcune persone che hanno precedenti condizioni di salute possono sviluppare nuove condizioni di salute durante l’invecchiamento. Alcuni autori hanno quindi proposto di considerare il continuum della disabilità nella durata della vita e di considerare una convergenza dei due diversi approcci, l’invecchiamento con disabilità (dove l’obiettivo è quello di acquisire un livello di indipendenza nonostante una lunga o condizione di disabilità permanente) e l’invecchiamento nella disabilità (dove c’è una perdita di capacità e autonomia precedenti, dopo una vita di condizioni non disabilitanti).

Alcuni autori si sono poi focalizzati su elementi comuni a questi due approcci (o traiettorie), distinguendo tre tipi di conseguenze nelle persone con disabilità, con differenze e convergenze in base all’età di insorgenza delle prime condizioni invalidanti:

– “condizioni secondarie legate alla disabilità”: si riferisce ad eventuali ulteriori condizioni di salute fisica o psichica che potrebbero derivare da una condizione invalidante primaria, ma che non ne costituiscono una caratteristica specifica. Questi sono simili a quelli vissuti dalle persone anziane in generale, ma si verificano circa 20-25 anni prima e sono spesso descritti come invecchiamento prematuro, atipico e accelerato;

– “condizioni legate all’età”, relative all’invecchiamento e agli effetti a lungo termine dell’esposizione a rischi ambientali, o agli effetti di comportamenti inadeguati alla salute;

– “condizioni croniche multiple”, il rischio di avere diversi tipi di malattie croniche insieme, in diadi o in triadi.

Questi tre tipi di conseguenze sono strettamente correlati tra loro e hanno chiare influenze sulla salute, sulla qualità della vita, sulla vita quotidiana, sulla partecipazione delle persone anziane. Potrebbero anche avere costi sociali e oneri soggettivi e oggettivi per la famiglia e altri familiari (partner, genitori, figli e altri). Gli autori hanno affermato che le persone che invecchiano con disabilità e gli anziani condividono una serie di condizioni croniche, sia come condizioni secondarie legate alla disabilità che come condizioni croniche legate all’età. Inoltre, le persone con disabilità potrebbero sperimentare anche condizioni croniche legate all’età e condizioni secondarie legate alla disabilità. Quindi, la somiglianza tra i due gruppi è più delle differenze.

Conclusioni

A causa del progressivo invecchiamento mondiale della popolazione, dell’aumento dell’aspettativa di vita generale e dell’aumento dell’aspettativa di vita delle persone con disabilità, il numero di persone che sviluppano delle patologie correlate all’età e condizioni disabilitanti è in aumento. L’invecchiamento è un fenomeno complesso, ovvero il risultato di due tipi di processi: l’invecchiamento primario (è un processo geneticamente programmato ed è incontrollabile e irreversibile, correlato al deterioramento delle funzioni fisiche e biologiche, durante le diverse fasi della vita) e invecchiamento secondario (che potrebbe essere influenzato da un qualche tipo di controllo, legato allo stile di vita, psicologico, e potrebbe essere influenzato da fattori sociali e ambientali). Il ruolo dei fattori sociali e ambientali nell’invecchiamento è molto ben descritto in diversi modelli concettuali sull’invecchiamento e sul suo rapporto con il benessere e la qualità della vita. In modo positivo, i fattori sociali e ambientali possono favorire l’invecchiamento delle persone e ottimizzare le opportunità di salute, benessere, partecipazione, autonomia e indipendenza; in modo negativo, i fattori sociali e ambientali possono invalidare le persone anziane e ridurre le loro opportunità di salute, benessere, partecipazione, autonomia e indipendenza. Anche per quanto concerne la disabilità, anche in questo caso si parla di un fenomeno complesso, un processo in cui, secondo i nuovi modelli concettuali in questo campo, vi è un chiaro ruolo dei fattori sociali e ambientali nella sua dinamica. Nei modelli concettuali della disabilità, in modo positivo, i fattori sociali e ambientali possono abilitare le persone con disabilità e ottimizzare le opportunità di salute, benessere, partecipazione, autonomia e indipendenza; in modo negativo, i fattori sociali e ambientali possono rendere disabilitate le persone e ridurre le loro opportunità di salute, benessere, partecipazione, autonomia e indipendenza. Quando si considera il rapporto tra invecchiamento e disabilità, la complessità è, se possibile, ancora maggiore. Ma c’è anche una tendenza generale a considerare l’invecchiamento e la disabilità solo a partire da un modello medico, dove il ruolo dei fattori sociali e ambientali potrebbe essere trascurato. Gli studi che si sono occupati di queste tematiche tendono a convergere sulla necessità creare dei collegamenti divario tra questi due approcci, evidenziando la necessità di approfondimento delle somiglianze tra le due traiettorie che consenta di considerare la relazione tra gli aspetti biologici dell’invecchiamento e della disabilità (dell’invecchiamento, disturbi legati all’età, disturbi cronici), gli aspetti psicologici dell’invecchiamento e della disabilità e gli aspetti sociali dell’invecchiamento e della disabilità.

In sintesi, lo studio dell’invecchiamento con disabilità e della disabilità con l’invecchiamento è stato (ed è ora) al centro di un gran numero di ricerche. Siamo consapevoli che non è un semplice campo di discussione. Gli studi attuali evidenziano il ruolo di diverse variabili nel funzionamento e nella partecipazione delle persone anziane con disabilità, indipendentemente dall’età di insorgenza delle condizioni invalidanti. Da un punto di vista psicologico e secondo un approccio biopsicosociale, l’obiettivo principale in questo campo di studio è garantire a ciascuna persona di vivere in ogni fase della propria vita con benessere e dignità: un modo per farlo è promuovere e diffondere un approccio più inclusivo nella concettualizzazione sulla relazione tra invecchiamento e disabilità.

Di Roberto Pili, presidente Ierfop Onlus e Comunità Mondiale della Longevità

e di Donatella Rita Petretto, Professoressa associata del Dipartimento di Pedagogia, Psicologia e Filosofia Area scientifico disciplinare dell’Università di Cagliari

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