Un desiderio che sembrava difficile da realizzare: un viaggio per un non vedente

Dal momento che “I desideri non invecchiano”, come dice Franco Battiato, perché non prendersene cura? E se all’istante ci sembra di non averne, ma ciò al giorno d’oggi è piuttosto raro, se ci sentiamo sazi, appagati o annoiati e depressi, quindi senza desideri, possiamo scorrere la nostra vita in lungo e in largo e, quasi sempre, li ritroviamo tutti. Fra i tanti, cominciamo a sceglierne uno. Per esempio, il desiderio che si mantiene costante nel tempo. Lo ridisegniamo con parole e immagini nuove, lo ascoltiamo nel chiacchiericcio confuso dei pensieri che precedono il sonno. Quindi, lo valutiamo tenendo i piedi ben piantati a terra e il portafogli alla mano. Infine, con l’esperienza accumulata negli anni, le abitudini e i nostri gusti, lo gettiamo sulla bilancia. Io che sono cieca, sul piatto lancio anche un carico da novanta: l’effetto del limite nella disabilità visiva.

La mia valutazione perciò deve essere ancora più accurata, flessibile e originale. Per fare questo, accolgo le suggestioni che mi offrono il cinema, il teatro, la musica e i consigli degli amici. Tengo conto ancora di più degli insegnamenti generosi elargiti dalla letteratura, dei desideri che si agitano nel mio cuore e che esaltano l’immaginazione. In un raro momento di saggezza, però, cerco di comprendere e giudicare mettendo in pratica anche quelle “Piccole Virtù” della Ginzburg. Così, tenuta per mano da due tra i miei autori preferiti, scrivo a grandi lettere, che il mio desiderio è il viaggio.

All’Essenza Del Viaggio

Con queste riflessioni vorrei offrire spunti originali agli operatori che progettano percorsi accessibili, alle guide turistiche, a tutti i viaggiatori disabili e non, che vanno alla ricerca dell’essenza del viaggio, e che, pur muovendosi con mezzi tradizionali come treni, pullman, navi, aerei e auto, aspirino a scavalcare le proposte commerciali e standardizzate. Questo è un invito al viaggio teso a incoraggiare le persone che vorrebbero, ma non osano, che desiderano ma pensano che è impossibile, che se si è ciechi si perde tanto e perciò non ne vale la pena. Per le persone disabili che vorrebbero ma non sanno con chi e come fare.

Quante volte, sulla linea ferroviaria Milano-Roma negli anni in cui frequentavo l’Istituto Magistrale a Bologna, ospite dell’Istituto Cavazza, incontravo in treno le ragazze del Nord Europa con lo zaino, i jeans e i capelli lunghi che viaggiavano sole. Avrei voluto fare come loro: anch’io portavo i jeans e i capelli lunghi, ma io non potevo perché ero cieca. E ancora le incontravo, sulla linea Milano-Venezia, quando ero universitaria a Padova. Allora ero più grande, più consapevole e la frustrazione cresceva con me. E come non invidiare i viaggiatori dell’Orient Express?

Il desiderio di viaggiare sola, o quasi sola, perché nella mia condizione completamente sola non è possibile, è stato sempre presente in me, a volte doloroso come una spina invisibile, a volte indifferente come un sintomo cronico, finché un giorno è arrivata l’occasione. Allora il desiderio ha ripreso forza e sono andata alla ricerca della mia personale “Essenza del Viaggio”.

Ora proverò a descriverla:

Si tratta di un esperienza dalla durata variabile: un istante, un’ora o più giorni.

Si compone di elementi variegati: profumi, odori, sapori, suoni e immagini, persone e atmosfere. Queste sono situazioni abbastanza scontate e le guide turistiche dovrebbero saper maneggiare. Tutt’altra cosa è percepire lo spazio attorno a me, cogliere la bellezza della natura, comprendere l’architettura e la scultura, sentire il Genius Loci, l’entità naturale e soprannaturale legata a un luogo, che può dialogare con me. Tutto questo vuol dire andare verso l’essenza del viaggio.

Allora, parto! Faccio il biglietto, chiedo l’assistenza della “Sala Blù” destinate dalle ferrovie italiane all’assistenza ai disabili e preparo il bagaglio. Il desiderio è qui, sul palmo della mano, è un cuoricino tiepido e pulsante.

La mèta del viaggio ancora non la svelo. Invece vorrei sottolineare un aspetto che può sembrare semplice e banale, ma che non lo è affatto: Mi riferisco alla libertà di scegliere quando e come vivere un’esperienza. Per una persona con una disabilità importante, sciogliere la rete di condizionamenti che la stringe quotidianamente e godere della libertà di visitare un monumento, un giardino o un museo e disporre di tutto il tempo che desidera, è cosa rara. Avere la disponibilità di scegliere un percorso originale, diverso da quello degli amici, dei conoscenti o dei compagni di viaggio è ancora più raro. Ma questa è la strada per avvicinarsi alla comprensione della propria essenza.

Sono in Stazione Centrale a Milano. Il frecciarossa 1000 dal muso allungato scalda i motori. Accompagnata dall’operatore della “Sala Blu” cammino sul marciapiede con la mano sinistra appoggiata alla sua spalla, nella destra impugno il bastoncino bianco che muovo in sintonia col passo. L’assistente spinge un trolley grande che rotea su quattro ruote. Anche se il viaggio dura pochi giorni, per me non è più il tempo di fare uno zaino con l’essenziale. Come una Scout, ora il peso materiale e psicologico del mio bagaglio è grande e, al ritorno, mi auguro che lo sarà anche di più.

Ringrazio Ierfop e la rivista giornalistica “Cittadinanza Sociale” che mi offre l’opportunità di scrivervi, di raccontare e portare a conoscenza di altri, soprattutto delle persone disabili e degli operatori del settore, un modo nuovo, più libero e consapevole di viaggiare. Ma ecco che ora mi accingo a partire… (continua)

Claudia Consonni

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