Invito al Desiderio, quinta puntata del nostro viaggio tra i quartieri di Napoli

La collina del quartiere Vomero di Napoli

Iniziano le sorprese e le scoperte

Entriamo in una cava dal soffitto a cupola scavata nel tufo giallo. La percezione di un grande spazio vuoto è forte. Intorno, l’ambiente è quieto, silenzioso. Il canto degli uccelli si allontana alle nostre spalle. L’eco dell’altezza della cupola, il pulviscolo giallastro sospeso nella penombra ci proiettano in un mondo pre onirico. La guida tace. Per me sono attimi di spaesamento. Poi, con qualche passo, mi avvicino alla parete, appoggio la mano sulla pietra e seguo la curva morbida del tufo che sale ad arco verso la volta. Con grande sorpresa, scopro degli incavi disposti a scala, nei quali i cavatori appoggiavano il piede man mano che salivano.

La grande cava dove si trova il cimitero delle fontanelle

Dentro il cimitero

«Questa grande pancia scavata sotto la collina del Vomero, così fresca e silenziosa, sarà davvero vuota?» mi chiedo. Fausto mi avvicina a una massa informe, per me inimmaginabile, poi, mi prende la mano:

«Che cosa stai toccando Claudia?».

«Un teschio, credo!»

«Sì, ne siamo circondati».

Come se non avessi sentito le sue parole, continuo a esplorare e trovo una caramella posata lì, vicino alla cavità della bocca.

Ci troviamo nel “Cimitero delle Fontanelle” sorto in seguito agli Editti Napoleonici sulle sepolture. Centinaia di migliaia di teschi, tibie, femori e altri resti sepolti un po’ ovunque in città sono stati portati qui, accatastati gli uni sugli altri a formare montagne di ossa, in cima alle quali sono stati posti i teschi.

La lunga fila dei teschi

Ma che cosa ci fa qui una caramella? Rivolgo uno sguardo interrogativo alla guida.

Sacro e profano si fondono

Sotto alla grande cupola le vite s’intrecciano. Si parla con i morti come con i vivi, si scambiano gesti e favori di qui e di là, sulla terra e in Purgatorio. Spirito e materia contrattano come due comari al mercato.

Un napoletano adotta una “capuzzella”, cioè un teschio, poi, gli offre dei piccoli doni: un giocattolo o una caramella, se ha scelto un bambino. Se invece, è il teschio di una persona adulta, gli infila in bocca una sigaretta o gli depone sopra una moneta. Quindi gli chiede di aiutarlo a guarire da una malattia grave, a trovare il posto fisso o un alloggio. Spesso, però, lo prega di suggerirgli in sogno i numeri del Lotto e di avere fortuna al gioco. Se la “capuzzella” che si trova in Purgatorio prega bene e soddisfa la richiesta, l’adottante la metterà in una “carabattola” che è una scatola grezza di legno o di pietra, affinché tutti vedano che quella “capuzzella” è stata capace di risolvere un problema.

La signora X partecipa all’esperienza. Davanti a quelle montagne d’ossa non si scompone, soffre di astinenza da nicotina.

Ritorno all’aperto

Un soffio d’aria mi colpisce all’improvviso. Respiro a pieni polmoni il vento fresco dell’autunno. Ancora qualche passo e siamo sulla strada. La signora X arrotola la sigaretta. Il brusio sottile dei morti e dei vivi si perde alle nostre spalle. Il giallo sotto, il grigio sopra, convivono in un contatto di piedi, di mani e di pensieri.

Dopo tanta penombra, sentire il sole tiepido sulle spalle è un sollievo, un ritorno alla vita, al desiderio di trovare un buon ristorante per calmare la fame che, assente nel regno dei morti, per un meccanismo di contrappasso, chiede soddisfazione.

Finalmente si va a pranzo. La guida ci propone una delle migliori pizzerie della città. La pizza è ottima. A Napoli usano dimensioni da gigante, devo chiedere la mignon.

Camminiamo sottobraccio a Fausto, la signora X è intenta ad arrotolare un’altra sigaretta che, dopo il pranzo, si dice essere assai gradita. A un certo punto, frammiste al rumore del traffico, cogliamo alcuni frammenti di una canzone napoletana. Andiamo tutti e tre in quella direzione e ci troviamo in una piazzetta in mezzo a tanta gente che guarda in alto.

Sorpresa su sorpresa

Dal balcone, al primo piano di un condominio, un signore col microfono in mano canta. I diffusori posizionati ai lati, diffondono la base. Poi indica col dito una persona, scelta a caso tra gli ascoltatori, le dedica una canzone e, intanto, cala un cestino appeso ad una cordicella per ricevere l’obolo.

Per me canta “Munastirio ‘e Santa Chiara”. Che gioia! Obolo e gratitudine salgono al primo piano.

In questo breve soggiorno napoletano, non visiterò il bellissimo complesso di Santa Chiara, così come, in questi articoli, non descriverò la visita ad altri musei e monumenti importanti. Mi piace fare le cose un po’ alla volta e prendermi il tempo necessario ad assimilarle e a comprenderne l’essenza. (Continua…)

Claudia Consonni, collaboratrice IERFOP

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