Subito un tavolo di specialisti per rivedere le regole di comunicazione sulle persone disabili

Un momento del corso di aggiornamento per giornalisti svolto a Sa Duchessa

Le più recenti regole di comunicazione

Già esiste la Carta di Treviso, il protocollo firmato il 5 ottobre 1990 da Ordine dei giornalisti, Federazione nazionale della stampa italiana e Telefono azzurro con l’intento di disciplinare i rapporti tra informazione e infanzia. Poi, nel 1995, è stata firmata la Carta di Perugia, lo strumento che ogni giornalista deve utilizzare per garantire il rispetto dei diritti del cittadino malato così come del cittadino che legge i giornali e guarda la televisione.

L’esigenza attuale

«Oggi ci si accorge come sia necessario rivedere la comunicazione verso le persone disabili» sottolinea Francesco Birocchi, presidente dell’Ordine Giornalisti della Sardegna, «e allora è necessario fermarci tutti, raccogliere gli esperti e scrivere un decalogo sulla comunicazione che non offenda quanti appartengono alla sfera della disabilità». Un tema che è stato al centro del corso di aggiornamento dal titolo “Per un linguaggio giornalistico inclusivo e rispettoso delle identità e dei diritti delle persone con disabilità” svolto nella sede di sa Duchessa a Cagliari.

Il recente sviluppo legislativo

«La legislazione nazionale ed europea da anni» rileva l’avvocato Giuseppe Macciotta, specialista in diritto del Lavoro e della Previdenza sociale, «sta rivolgendo sempre più attenzione a questa sfera e alle regole di comunicazione». «Il 15 per cento dei lavoratori oggi è disabile» sottolinea Susi Ronchi fondatrice dell’associazione Giulia giornaliste, «e considerando questi numeri bisogna allora ragionare su questo tema senza più stereotipi». Paolo Mastino, giornalista Rai e presidente dell’Ussi (Unione stampa sportiva) è pronto a recitare un generale mea culpa della categoria: «molto spesso nel raccontare le gare di discipline sportive si commette l’errore di enfatizzare troppo gli eventi creando così una mancata inclusione degli stessi attori che invece vogliono essere considerati “normali”».

Gli errori più frequenti

Sara Carnovali, Phd in Diritto costituzionale, collaboratrice parlamentare presso Camera dei deputati e autrice del libro “Il corpo delle donne con disabilità” sottolinea come «il linguaggio giornalistico sanitario, sportivo e sociale, spesso, non è adeguato». Qualche esempio? «Basti vedere lo sviluppo del linguaggio impiegato in questi ultimi anni» sottolinea Vannalisa Manca, consigliera Odg, «passando da espressione come “handicappato”, “menomato”, “diversamente abile”».

Donatella Petretto

Donatella Rita Petretto, delegata del Rettore dell’Università di Cagliari in materia di integrazione sociale e diritti delle persone con disabilità sottolinea come quando si comunica del mondo della disabilità «si debba parlare prima di tutto di “persone” perché la legislazione oggi si è evoluta e così deve fare anche il mondo della Comunicazione. È comunque già positivo che ora se ne stia parlando più diffusamente».

Bachisio Zolo

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