Una retina artificiale liquida restituisce la vista alle cavie

La retina artificiale liquida funziona anche quando la vista è totalmente compromessa dalla retinite pigmentosa. Si tratta di una patologia che frequentemente conduce alla cecità e che colpisce oltre cinque milioni di persone nel mondo. La sperimentazione, condotta su ratti da laboratorio ha dato esiti soddisfacenti. E questo fa ipotizzare come la fase di studi clinici sull’uomo potrebbe essere possibile forse già fra tre anni.
La sperimentazione è stata portata avanti dal Center for Synaptic neuroscience and technology dell’Istituto italiano di tecnologia (Iit) di Genova diretto dal professor Fabio Benfenati all’Irccs, l’Ospedale Policlinico San Martino di Genova e dal Center for nano science and technology dell’Iit di Milano diretto dal professor Guglielmo Lanzani in collaborazione con la Clinica oculistica dell’Irccs Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar diretta dalla dottoressa Grazia Pertile.
Lo studio
Nell’ultimo studio, pubblicato sulla rivista Nature Communitations, i ricercatori dimostrano come la soluzione sia efficace anche per le fasi più avanzate della malattia in cui non solo «la retina è completamente priva di fotorecettori ma anche i circuiti nervosi retinici risparmiati dalla degenerazione si alterano profondamente, non ricevendo cronicamente più alcun segnale dai fotorecettori (rimodellamento della retina)».

I risultati ottenuti
«Il nostro recente studio» spiega Simona Francia, ricercatrice Iit nel gruppo del professor Fabio Benfenati e prima autrice del lavoro, «è un’ulteriore importante tappa verso la terapia di patologie come la Retinite pigmentosa e la degenerazione maculare legata all’età». Non solo queste nanoparticelle si distribuiscono ad ampie aree retiniche permettendo di guadagnare un ampio campo visivo, ma in virtù delle loro piccole dimensioni sono in grado di assicurare un recupero dell’acuità visiva.
«Nei modelli pre-clinici» sottolinea Simona Francia, «la corteccia visiva è “silente” mentre con l’iniezione delle particelle fotoattive progettate all’Iit si registrano nuovi segnali fisiologici e la corteccia visiva si riattiva, riacquisisce acuità e tornano a formarsi memorie visive». L’efficacia è stata dimostrata sia con test sulla risposta “elettrica” della corteccia visiva agli stimoli luminosi, sia con test comportamentali. Insomma, i ratti ciechi sono tornati a vedere.

I progressi
Finora le protesi retiniche impiantate prevedevano, oltre all’installazione di una retina artificiale per sostituire il lavoro dei recettori ormai fuori uso, anche il supporto di una camera sull’occhiale in grado di trasmettere il segnale visivo a un mini computer esterno, da portare con sé, il quale lo invia alla retina artificiale. Un sistema che può restituire in parte la vista ma che risulta ancora poco pratico.

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