Un “serbatoio” di farmaco impiantato nell’occhio per curare la degenerazione maculare senile

Il professor Stanislao Rizzo

Un piccolo serbatoio da riempire ogni sei mesi. Altro che le fastidiose iniezioni mensili impiegate prima creando così disagi ai pazienti, ai loro accompagnatori e intasando i reparti di oculistica. Tutto questo per contrastare la degenerazione maculare legata all’età: una forma di maculopatia principale causa di cecità nel mondo occidentale. Oggi, la notizia del primo paziente italiano operato per impiantare nel suo occhio un serbatoio da cui avviene il lento rilascio dei farmaci potrebbe cambiare la gestione della malattia per come finora si era svolta.

L’equipe medica del professor Rizzo

La degenerazione maculare legata all’età
All’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, il professore di oculistica Stanislao Rizzo, direttore della Uoc di oculistica del Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS di Roma rivela l’ultima frontiera medica. Insieme ai colleghi Angelo Maria Minnella e Tomaso Caporossi ha eseguito l’intervento per impiantare un piccolo Port Delivery System (Pds). In sostanza si tratta di un piccolo serbatoio impiantato nell’occhio di un paziente con degenerazione maculare legata all’età (di tipo umido).

Intanto bisogna tener conto «di due forme di malattia: una secca a lenta progressione dovuta essenzialmente all’atrofia dei tessuti e per la quale non ci sono ancora trattamenti se non in fase di studio» come sottolinea Rizzo, «e l’altra umida in cui si osserva la formazione di nuovi vasi sanguigni sotto la macula con associato il rilascio di liquidi». Bene, «per queste forme, se prese in tempo e se trattate con costanza» ribadisce il professore di oculistica di Roma, «i trattamenti funzionano e nella maggioranza dei casi si riesce ad evitare la perdita della vista».

Come si può frenare la malattia

Il trattamento si basa sulla somministrazione di sostanze capaci di bloccare la crescita dei vasi sanguigni inibendo così un fattore che ne promuove la formazione. Si tratta degli anti-Vegf, ossia farmaci che prendono di mira il fattore di crescita vascolare endoteliale. Le iniezioni nell’occhio di farmaci anti-Vegf sono piuttosto impegnative ma al tempo stesso utilissime per i pazienti.

Il professor Rizzo nel corso di un convegno

Con questo ultimo studio si è ora trovato un sistema per ridurre le somministrazioni andando a beneficio di tutti. Lo sviluppo del Port Delivery System (Pds) contenente ranibizumab, un anti-Vegf impiantato recentemente a Roma ha permesso di realizzare un piccolo serbatoio riempito con il farmaco. Quest’ultimo viene poi rilasciato lentamente ed è sviluppato per essere riempito una volta circa ogni sei mesi. «L’intervento è complesso» ammette Rizzo, «non privo di potenziali rischi (come lo spostamento dell’impianto) e riservato solo ai pazienti che hanno risposto in passato positivamente al farmaco. Ma sebbene non si tratti di una pratica ancora consolidata, parliamo di un dispositivo altamente innovativo, sicuro e che ha già mostrato di funzionare come le iniezioni mensili».

In pratica, si è arrivati alla fase III della sperimentazione clinica, quella conclusiva, che prelude all’arrivo in commercio del dispositivo.

La speranza è che dopo la sperimentazione (che coinvolge diversi centri nel mondo e prevede il test di due diversi intervalli di refill del dispositivo a 24 e 36 mesi) in futuro possa essere proposto ai pazienti così da riuscire a cambiare la storia dei loro trattamenti contro la degenerazione maculare.

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