Alessio Cragno, ex portiere del Cagliari calcio rifila a tutti una lezione di vita

Alessio Cragno ha fatto parlare di sé dopo aver rilasciato un’intervista a “Cronache di spogliatoio”, un media verticale sul mondo del calcio.

E alla prima domanda: «Perché parli così»? ha risposto candidamente: «Perché balbetto».

Lui stesso non ha paura a definirlo «un problema».

Nato a Compiobbi, un piccolo paesino in provincia di Firenze, i suoi genitori lo avevano fatto analizzare dalla testa ai piedi per comprendere a cosa fosse dovuto. Risultato? Niente di patologico. Andavo dalla logopedista e alla fine la diagnosi è stata chiara: niente.

«Ho anche provato a curarla, e lo faccio ancora adesso, vado dalla logopedista, ogni tanto faccio un ciclo di terapie». Lui stesso ricorda bene quanto gli ripetevano i suoi genitori.

«Tu prendi il tempo che ti serve per parlare. Se qualcuno è realmente interessato a te, vedrai che aspetterà». Quindi? «Semplice: il problema non sei più tu. E se per te non è un problema, perché dovrebbe esserlo per gli altri? Me lo ripeto sempre: davvero, se non è un problema per me, perché dovrebbe esserlo per qualcun altro?».

E poi, «accetto il giudizio esterno su quello che dico, ma su come lo dico non mi tocca e non mi deve toccare. Meglio trovare le parole giuste che non trovarle. Questo non significa evitare di migliorare, ma se nel percorso inciampo, pazienza». 

In molti gli dicono «grazie» perché lo vedono sereno e così prendono coraggio. «Io non sono un santone, né posso dire alle persone come vivere» premette Alessio Cragno, da anni terzo portiere della Nazionale di Mancini, «ma oggi vi scrivo perché spero di essere d’aiuto. C’è chi è senza capelli, chi ha un occhio più aperto e uno più chiuso. Io balbetto. Tutti vogliamo essere perfetti: belli, intelligenti, simpatici. Altrimenti non siamo abbastanza. Smettete di fare a gara con gli altri. La corsa è solo con voi stessi».

Eppure in campo scompare tutto. «Sì, in campo quando urlo non mi succede. Così come quando canto. Sono frasi corte, e seguono una linea, un ritmo. Se riesco a mantenere una respirazione costante, parlando a cantilena, difficilmente balbetto. Potrei andare avanti per ore. Se parlando mi accorgo che sta per accadere e sto per andare contro un muro, cambio discorso o parole. Allungo le frasi, la prendo alla larga. Quando sei lì, è un rigore: non importa con quale piede lo calci, basta che lo tiri».

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