Il 15 novembre 2022 è la data in cui la Terra raggiungerà gli 8 miliardi di abitanti

Il 15 novembre prossimo la popolazione del pianeta Terra raggiungerà gli 8 miliardi di persone. A fornire questo calcolo è una proiezione effettuata dall’Onu basata sui ritmi di crescita demografica degli ultimi anni. Certo, in un periodo in cui si registrano guerre, carenze alimentari ed emergenze climatiche, sapere che il mondo si appresta a veder aumentata la popolazione potrebbe apparire come un trauma.

Lo standard di vita

Le Nazioni Unite fanno notare come il tetto degli otto miliardi di abitanti, altro non è che il risultato del netto miglioramento di alcuni standard sanitari. Un esempio su tutti? Il crollo della mortalità infantile a livello planetario. Insomma quel record prossimo a essere raggiunto è in qualche modo anche una buona notizia.

Le proiezioni di crescita futura

La linea di crescita demografica tracciata dal report pubblicato dall’Onu dice ancora come, dopo il limite degli 8 miliardi fissato al 15 novembre, nel 2030 saremo in 8 miliardi e mezzo e via, via fino a 10 miliardi e 400 milioni alla fine di questo secolo.

Le differenti crescite nel mondo

Le dinamiche di crescita sono comunque molto diverse a seconda dei Continenti. L’Estremo Oriente e il Sud Est asiatico saranno ancora le aree più affollate del Pianeta ma la lo sviluppo più impetuoso è atteso dall’Africa (Congo, Egitto Etiopia, Nigeria). Già nel 2023 assisteremo a un evento storico: per la prima volta l’India diventerà lo Stato più popolato della Terra con oltre 1,4 miliardi di persone superando seppur di poco la Cina.

La novità nei dati

Ma la novità messa in luce dal rapporto del Palazzo di Vetro è un’altra. La crescita della popolazione è motivata da una parte dai minori livelli di mortalità infantile e dall’altra da un’aspettativa più lunga. In altre parole, a livello globale si muore di meno e più tardi. E c’è un dato a fotografare efficacemente questo aspetto: l’aspettativa di vita media sulla Terra nel 2019 aveva raggiunto i 72 anni e 8 mesi con una crescita di quasi 9 anni rispetto al 1990. Non ci fosse stato il Covid, il dato sarebbe stato ancora più alto. Nel 2050 questo indicatore arriverà invece a 77 anni e 2 mesi.

Le donne

Contemporaneamente è caduto l’indice di fertilità femminile e sempre l’Onu segnala come nel 2021 ogni donna ha partorito in media 2,3 figli contro i 5 che si registravano nel 1950. Anche in questo caso il dato medio racchiude realtà profondamente diverse. Alcune aree, ad esempio quella sub-sahariana o l’America Latina, mantengono livelli di fertilità particolarmente alti tra le adolescenti: il 10 per cento delle partorienti con meno di 20 anni di età è concentrato. In quest’area sono quindi evidenti i gravi problemi legati all’assistenza sanitaria e all’educazione dell’infanzia.

I dati sui lavoratori

Nei Paesi in cui la fertilità cala, la fascia anagrafica più consistente è quella in età lavorativa (25-64 anni) e quindi avranno negli anni a venire maggiori opportunità di crescita economica. Quindi Asia, America del Sud e Caraibi fanno parte di questa macro area.

Volendo allargare il campo su un altro dato va detto che anche la mortalità infantile è decisamente calata: l’Unicef segnala come nel 2019 questo indice (seppur ancora angosciante) era sceso ai livelli più bassi della storia: i decessi di bimbi nei primi 5 anni di vita erano stati 5,2 milioni («tutti quasi sempre evitabili» denuncia Unicef) contro i 12,5 milioni del 1990. Un crollo, quindi, del 60 per cento del tutto incoraggiante.

I dati generali

In generale la curva di crescita della popolazione sulla terra tenderà ad appiattirsi da qui al 2100 proprio in seguito al calo della fertilità. Il risultato sarà che sempre più Paesi sperimenteranno un invecchiamento generale della popolazione. Anche stavolta con un quadro assai sbilanciato: tra trent’anni gli over 65 in Europa nel 2050 saranno quasi il 26 per cento degli abitanti ma appena il 4,6 per cento nell’Africa meridionale.

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