Giovani, abbiamo un problema: il suicidio è la seconda causa di morte tra i ragazzi

Ben sei regioni in Italia non hanno un reparto di neuropsichiatria infantile: Val D’Aosta, Abruzzo, Marche, Molise, Calabria e Basilicata. Quindi, un ragazzo che ha bisogno di essere ricoverato deve per forza spostarsi in un’altra regione. Le strutture sono poche. E i dati su un fenomeno davvero troppo trascurato non sembrano confortare.

I ragazzi tra i 15 e i 24 anni, il suicidio è la seconda causa di morte dopo gli incidenti stradali. Al pronto soccorso dell’ospedale Bambino Gesù di Roma, negli ultimi anni sono aumentati di sette volte gli arrivi per tentato suicidio, ideazione suicidaria, autolesionismo e depressione. Nel 2021 ci sono stati 1.201 casi, rispetto ai 155 del 2011. In crescita anche i ricoveri: 330 nel 2020, 492 nel 2021, 240 a maggio 2022. La pandemia ha sicuramente favorito il peggioramento delle condizioni di salute mentale di molti giovani. «Dall’inizio dell’emergenza Covid abbiamo registrato un aumento del 30% delle richieste d’aiuto», spiega Vicari.

Un terzo dei casi ha disturbi alimentari

Chi chiede aiuto agli specialisti di neuropsichiatria infantile, per il 40 per cento manifesta comportamenti autolesivi e di ideazione suicidari mentre per il 30 per cento sono persone con disturbi alimentari. In gran parte ragazze. Quest’ultime nel complesso rappresentano la fetta più grande degli arrivi in pronto soccorso: 65 per cento contro il 35 per cento dei maschi.

La denuncia

Le criticità presenti a livello pubblico e nazionale le ha denunciate anche Gabriele Sani, professore di psichiatria all’Università Cattolica di Roma e direttore dell’unità operativa complessa di psichiatria clinica e d’urgenza del policlinico Gemelli di Roma. «Parliamo di un’emergenza nell’emergenza» dice Sani. «Il numero di cliniche specializzate negli ultimi anni è aumentato in maniera significativa ma su tutto il territorio, il personale, soprattutto medici e psicologi, è sotto organico». Nelle cliniche convenzionate la richiesta è talmente tanta che l’attesa può arrivare fino a 30 giorni. Troppi per arginare un’emergenza.

Il problema è nazionale

Alla salute mentale si dedica sempre troppo poco in Italia: solo 3 per cento rispetto all’8-10 per cento dei paesi del nord Europa.

I dati Istat in controtendenza

Secondo i dati Istat, invece, il fenomeno dei suicidi tra i giovani, dai 15 ai 34 anni ha attraversato una lunga fase discendente. Nel 2011 ben 588 ragazzi si erano tolti la vita (486 maschi e 102 femmine) mentre nel 2019 (ultimo dato disponibile) ne erano stati registrati 514 (414 maschi e 100 femmine) pari a un calo del 12 per cento in otto anni. Ma la linea non è sempre stata in discesa. Anzi, ci sono due anni, 2012 e 2017, in cui c’è stato un rialzo significativo rispetto all’anno precedente: +5,3 per cento rispetto al 2011 e +11,4 per cento rispetto al 2016.
Facendo poi una divisione geografica, l’Italia settentrionale rimane la zona con il maggior numero di suicidi tra giovani: 257 a nord, 86 al centro, 68 al sud e 64 nelle isole (dati Istat 2019).

I suicidi tra i giovani in Europa

Allarmanti anche i numeri dell’Unicef: in Europa sono 1200 i ragazzi nella fascia di età 10-19 anni che, ogni anno, si tolgono la vita: tre al giorno. A livello europeo, però, l’Italia si colloca nella seconda fascia più bassa in merito al tasso di suicidio giovanile per i ragazzi tra i 15 e i 19 anni. Secondo i dati Eurostat l’Italia ha un tasso che oscilla tra 2,06 del 2011 e 2,47 del 2019. Cifra che segna un aumento nell’arco di otto anni ma che viene di gran lunga superata dai tassi registrati nei paesi del nord e centro Europa come Estonia (12.9), Lituania (12.7), Lussemburgo (12.02), Finlandia (11.4), Lettonia (11.2), Norvegia (9.3), Islanda (9.05).

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