Antonio Fantin campione paralimpico di nuoto si racconta

Antonio Fantin dopo una gara

La storia di Antonio Fantin fa capire come la vita possa darti sempre un’altra opportunità. E la sua è la storia di rinascita. A 5 anni ha trasformato la sua disabilità in un viaggio per realizzare un grande sogno. A 21 anni oggi ha già vinto tanto: campione nei 100metri stile libero ai Giochi paralimpici estivi di Tokyo 2020, sette volte campione mondiale e otto volte campione europeo. E dire che prima di diventare un campione di nuoto, Antonio Fantin aveva paura dell’acqua.

La storia

A tre anni e mezzo gli scoprono una malformazione artero-venosa (mav in gergo medico) che mette a rischio le sue capacità neuro-motorie. La soluzione di mandarlo a fare nuoto è un supporto alla riabilitazione post-operatoria per cercare di recuperare l’uso delle gambe. In piscina le prime bracciate non gli donano la gioia ma un po’ alla volta il dolore della malattia si trasforma in voglia di rinascita. «All’inizio ho fatto molta fatica e una fisioterapista vedendomi aveva detto che non ero fatto per l’acqua» Era vero. Interi pomeriggi a stare per ore a bordo piscina indeciso se entrare o no.

La svolta

 Poi, piano piano ha iniziato. E nel 2015 ha cominciato a cambiare approccio nelle gare: «prima la vedevo come un divertimento, poi la gara è stata il mio obiettivo».

La piscina prima come riabilitazione e poi come scommessa: per giunta vinta.
«Il nuoto mi aiuta a trasformare i miei sogni in obiettivi indicando anche una data per raggiungerli anche perché questo sport è solo un capitolo della mia vita».

I progetti
«Penso alla scuola, alla mia famiglia, i miei amici che sono stati la mia seconda famiglia. Ma la cosa che cerco sempre di fare è di condividere i progetti con qualcuno perché lavorando da soli si può arrivare lontani ma non si vive appieno il viaggio».

Nel 2020 l’oro a Tokyo, quest’anno il nuovo record a Madera.
«A Tokyo ho completato un piccolo quadro dove c’erano europeo, mondiale e paralimpiade. In un quinquennio ho vinto tutto quello che potevo vincere. Quando ho preso la medaglia in mano ho provato un grande senso di gratitudine perche è stato come ripercorrere un viaggio e mi sono ricordato da dove sono partito, le sfide che ho vinto, le difficoltà e le soddisfazioni».

I successi e il libro
Il primo mondiale a Città del Messico nel 2017 quando aveva 16 anni. Perché fino a quando la sfida non è conclusa c’è sempre un’opportunità anche quando sembra che tutto sia finito. È successo anche a Tokyo dove fino agli ultimi 20 metri era indietro. Sempre gare a rincorsa. Riprendendo sempre tutti. La sua storia è diventata poi un libro “Punto a capo. Dalla malattia all’ oro paralimpico”.

Perché scrivere un libro?«Il libro vuole essere due cose: innanzitutto il ringraziamento a chi mi ha accompagnato, mi accompagna e mi accompagnerà in questo viaggio. Poi voglio trasmettere in questo libro la mia esperienza di vita perche sia di aiuto a chi vive un momento di difficoltà e deve rendersi conto che un ostacolo può essere vissuto anche come una opportunità».

Progetti futuri
«Ne ho molti, anche fuori dal mondo del nuoto ma ogni giorno vorrei svegliarmi con un nuovo sogno perché è bello poter inseguire sempre qualcosa: avere sempre una motivazione è la linfa della nostra vita».

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