Una speranza contro la degenerazione maculare: negli Usa primo trapianto di staminali su paziente

Ha dato buoni risultati il trattamento che i medici del Clinical Center del National Institutes of Health (a Bethesda, Usa) hanno realizzato per contrastare la degenerazione maculare secca. Si tratta di un trapianto di tessuto ricavato da cellule staminali prelevate dal sangue del paziente e successivamente trasformate in cellule retiniche da impiantare.

Un intervento rivoluzionario

«Una svolta», così l’ha definita Stanislao Rizzo, direttore dell’Unità Operativa Complessa di Oculistica del Policlinico Gemelli di Roma e componente del consiglio direttivo Società Italiana di Scienze Oftalmologiche (Siso).

«Le maculopatie si possono dividere in due classi: la forma umida, per la quale oggi abbiamo farmaci efficaci e la forma secca che è la più frequente e per cui non esistono cure in grado di evitare il peggioramento della malattia».

La procedura

«Si prendono le cellule del sangue del paziente» spiega Rizzo, «e si trasformano in cellule staminali pluripotenti, le cosiddette Ips, che hanno la potenzialità di trasformarsi in cellule dell’epitelio pigmentato retinico». A quel punto vengono fatte moltiplicare fino a farne un lembo di tessuto che viene impiantato nella retina. Le cellule dell’epitelio pigmentato retinico nutrono e supportano i fotorecettori sensibili alla luce nella retina. Nell’Amd, la perdita di queste cellule porta anche alla perdita dei fotorecettori: causa appunto il peggioramento della vista.

L’importanza della ricerca

«La procedura è il frutto di un lunghissimo percorso di ricerca portato avanti da circa 10 anni dando risultati positivi nei modelli animali. La sperimentazione è ai primi passi, precisamente nella fase I-II. L’obiettivo di questa fase» sottolinea Rizzo,«è osservare la sicurezza dell’impianto. Fatto ciò, si passerà alle fasi successive della sperimentazione».

Una speranza per il futuro

«Ci sono tantissimi studi a livello internazionale per quanto riguarda la ricerca sulla maculopatia atrofica e questp perché è, purtroppo, la maculopatia più frequente. Ancora siamo a livello sperimentale e non c’è per ora nulla di clinicamente approvato, di clinicamente attuabile nei nostri ospedali» prosegue l’esperto, evidenziando come sia fondamentale proseguire nella ricerca.

Roberta Gatto

Lascia un commento