In 14 Paesi europei è in vigore la “sterilizzazione forzata” delle persone disabili

La pratica della sterilizzazione forzata è ancora legale in quattordici Stati dell’Unione Europea. A denunciare la situazione è la segretaria generale dell’Edf (il Forum sulla Disabilità) Ana Peláez Narváez. «Ai leader dell’Unione piace dire di essere sostenitori dei diritti umani ma lo devono però dimostrare anche con i fatti vietando sin da subito la sterilizzazione forzata».

Unione europea

Nella sola Unione Europea, la lista comprende almeno quattordici Paesi le cui leggi consentono ancora la sterilizzazione forzata delle persone con disabilità. Si tratta esattamente di Austria, Bulgaria, Cipro, Croazia, Danimarca, Estonia, Finlandia, Lettonia, Lituania, Malta, Portogallo, Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria. «La sterilizzazione forzata» sottolinea la segretaria generale dell’Edf, «può equivalere a maltrattamenti o addirittura torture in quanto provoca traumi per tutta la vita e priva le persone del diritto di decidere sul proprio corpo e di crearsi una famiglia».

«la sterilizzazione forzata» insiste Ana Peláez Narváez  «è un abuso pervasivo e una grave violazione dei diritti fondamentali delle persone con disabilità tuttora diffuso in Europa e nel mondo».

Sterilizzazione dei minori

Ulteriore aggravante, tre Paesi europei (Portogallo, Repubblica Ceca e Ungheria) consentono esplicitamente anche la sterilizzazione forzata dei minori, mentre in altri Stati pur non compresi nell’elenco (Belgio e Francia), insieme all’Ungheria, è prassi inserirla come requisito per l’ammissione alle strutture residenziali, che spesso, purtroppo, sono ancora l’unica scelta concessa alle persone con disabilità.

La richiesta dell’Edf

L’Edf torna così a chiedere all’Unione Europea «di inserire in una proposta di Legge il divieto totale della sterilizzazione forzata obbligando gli Stati Membri dell’Unione a garantire che la condotta intenzionale di un intervento chirurgico che abbia lo scopo o l’effetto di porre fine alla capacità di una donna di riprodursi naturalmente senza il suo previo consenso informato o la comprensione della procedura, sia punibile come reato». Garantendo inoltre come il consenso preventivo e informato della donna a sottoporsi all’intervento chirurgico non possa essere sostituito dal consenso di un genitore, tutore legale o dalla decisione di un Tribunale.

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