Il Rapporto 2022 della Caritas su povertà ed esclusione sociale in Italia

In 14 anni, dal 2007 al 2021, il numero di persone in povertà assoluta è più che triplicato. Si è infatti passati da 1,8 milioni a 5,6 milioni (il 9,4 per cento della popolazione). Di questi, 1,4 milioni ha meno di 18 anni. Una situazione già da ora preoccupante ma che potrebbe addirittura peggiorare con l’aumento dell’inflazione. E questo nonostante il Reddito di cittadinanza che raggiunge meno della metà dei poveri, premia i single e il Mezzogiorno, penalizza le famiglie numerose, quelle straniere e il Centro-Nord.

Tutti questi dati sono i principali risultati del Rapporto 2022 della Caritas su povertà ed esclusione sociale in Italia. «Quasi 6 milioni di poveri assoluti» sottolinea il cardinale Matteo Zuppi, presidente della Cei, «sono un valore sballato per la società. Tutto questo richiede terapie perché altrimenti tutto l’organismo si ammala».

I lavoratori sempre più poveri

Il Rapporto di quest’anno sottolinea in particolare la povertà intergenerazionale. In pratica, spesso i poveri restano intrappolati in questa condizione perché, come sottolinea ancora Zuppi, «l’ascensore sociale si è rotto da tempo». Presso la Caritas (2.797 centri di ascolto sul territorio) adesso arrivano i figli e i nipoti di quelli che venivano una volta. Nel nostro Paese si calcola ci vogliano 5 generazioni per uscire dalla povertà. Nel Nord Europa ne bastano 2.

I numeri infatti dicono come nel 59 per cento dei casi la povertà è ereditata dalla famiglia di origine. Preoccupa anche il continuo aumento della povertà assoluta nelle famiglie dove la persona di riferimento lavora: oggi sono il 7 per cento contro il 3,1 per cento del 2011. Percentuale che sale al 13,3 per cento (contro il 6,1 per cento del 2011) tra le famiglie dove chi lavora è un operaio o assimilato.

Chi si rivolge alla Caritas

Il profilo medio del povero entrato in contatto con la Caritas (più di 227mila quelli aiutati) è quello di una persona di 46 anni, in due casi su tre con figli, prevalentemente straniera nel Nord e italiana nel Sud. Vive in affitto nel 64 per cento dei casi, non lavora in un caso su due mentre nel 23,6 per cento dei casi ha un’occupazione, spesso saltuaria e comunque insufficiente a farla uscire dalla povertà.

Reddito di cittadinanza

Come ha detto anche l’economista Tito Boeri, il Reddito di cittadinanza «ha limiti molto rilevanti», ma «abolirlo sarebbe gravissimo». Come riformarlo? La Caritas e lo stesso Boeri hanno ricordato le proposte che circolano da tempo. Bisognerebbe rivedere la scala di equivalenza che oggi premia i nuclei familiari fatti di una sola persona e penalizza le famiglie numerose dove invece ci sono più poveri; andrebbe ridotto da 10 a 5 anni il requisito della residenza continuativa in Italia, altrimenti la gran parte delle famiglie di immigrati, anche queste con una più alta presenza di poveri, non può essere aiutata; ci vorrebbe un maggior coinvolgimento dei Comuni, perché molti beneficiari del Reddito non sono collocabili al lavoro ma hanno bisogno di interventi di inclusione sociale; andrebbero modificati gli incentivi al lavoro, consentendo una certa cumulabilità tra Reddito e retribuzione.

Cosa pensano i sindacati

Cgil, Cisl e Uil chiedono di mantenere il Reddito sia pure riformandolo e insistono sul rinnovo dei contratti di lavoro. «Siamo in emergenza» dice il segretario della Cgil Maurizio Landini, «servono interventi straordinari e nuovi contratti. Gli interventi vanno fatti con urgenza spinti come sono dall’inflazione e dal caro-energia che peggiorano le condizioni di vita proprio delle famiglie a basso reddito».

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