Nadia Nadim, la stella del Psg scappata dall’Afghanistan è oggi un esempio anche fuori dal campo
Nata e cresciuta a Herat (Afghanistan), dopo aver perduto il padre, generale dell’esercito afgano per mano dei talebani, scappa in Danimarca con la madre e le quattro sorelle.
Oggi, dopo una sfolgorante carriera calcistica culminata con la vittoria del campionato francese con il Psg è una delle calciatrici più quotate e più influenti secondo Forbes.
La fuga dall’Afghanistan
«Quando avevo 11 anni ho ricevuto la straziante notizia che i talebani avevano giustiziato mio padre» scrive Nadim sul suo sito. Lei, la madre e le sorelle decidono quindi di partire alla volta dell’Europa. «Avevamo programmato di rifugiarci a Londra dove avevamo alcuni parenti e con passaporti falsi siamo arrivate in Italia passando per il Pakistan». Da qui, il viaggio verso Londra. «Dopo alcuni giorni di viaggio scendiamo dal mezzo aspettandoci di vedere il Big Ben. E invece c’erano solo distese d’alberi. Abbiamo chiesto a un passante e abbiamo scoperto che l’autobus ci aveva lasciate in Danimarca”.
La nuova vita in Danimarca
Qui Nadia coltiva la sua passione per il calcio e nel 2012 debutta in Champions League con la maglia del Fortuna Hjørring, segnando due gol al Celtic Glasgow.
Per consentirle di giocare con la nazionale danese, la Fifa fece un’eccezione al regolamento che prevede la presenza in nazionale solo per chi abbia raggiunto i cinque anni di residenza dopo il compimento dei 18.
«C’era una squadra di calcio vicino al campo profughi e ho potuto imparare come funziona» racconta Nadia. «Le formazioni, le regole. Volevo giocare nel modo in cui si giocava a calcio lì».
L’escalation di un successo
Nel 2017 conquista l’argento agli europei e raggiunge le 38 reti in nazionale. L’anno successivo passa al Manchester City e successivamente al Psg. Attualmente gioca negli Stati Uniti con la maglia del Racing Luisville ed è tra le calciatrici più pagate al mondo.
Fuori dal campo
Nadia è un esempio anche fuori dal terreno di gioco. È infatti laureata in medicina alla Aarhus University e una volta che si sarà conclusa la carriera da attaccante vuole dedicarsi alla chirurgia.
Parla fluentemente 11 lingue ed è impegnata nel sociale dove porta avanti la promozione dell’uguaglianza tra i sessi, battaglia che le è valsa nel 2019 la nomina Unesco Champion for Girls and Women’s Education.
È inoltre ambasciatrice per le Nazioni Unite e per le ragazze di tutto il mondo è un modello da seguire.
Roberta Gatto