La figura dell’atleta guida in Italia non esiste
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Anna Maria Mencoboni durante un allenamento
«In Italia la figura dell’atleta guida non è riconosciuta né giuridicamente, né dal punto di vista economico. Tutto si basa essenzialmente sul volontariato». Così, Anna Maria Mencoboni, ipovedente, racconta la sua battaglia su l’atleta-guida, una figura indispensabile per gli atleti con disabilità visiva. La Mencoboni, impiegata in banca, pratica diverse discipline di atletica leggera tra cui il salto in alto.
La storia
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Anna Maria Mencoboni impegnata nel salto in alto
Anna Maria Mencoboni, 54 anni, inizia a praticare sport nel 2015. La sua condizione però non le consente di allenarsi e gareggiare da sola perchè ha bisogno di essere supportata da una guida. Il sistema sportivo italiano, tuttavia, non prevede un albo degli atleti guida in quanto non è riconosciuta né giuridicamente, né economicamente.
Il legame che si viene a creare tra atleta con disabilità e atleta-guida non è solo rappresentato dal cordino utilizzato in occasione delle competizioni, ma è anche quello che si instaura a livello umano. Le mancate tutele normative ed economiche rappresentano però un grosso ostacolo e gli atleti-guida non di rado sono costretti a intraprendere scelte di vita differenti.
E come spesso accade, a pagare le conseguenze sono i più deboli: «ho il sogno di gareggiare ai Mondiali di Parigi 2023 nel salto in alto, disciplina misconosciuta a livello di disabilità visiva» racconta la Mencoboni, «ma devo ottenere un risultato minimo indicato dalla federazione per partecipare e per ottenerlo è necessario un lavoro di squadra con la mia guida. Non avere una figura di riferimento in maniera stabile incide anche sui risultati.».
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Ancora la Mencoboni qui con Gianmarco Tamberi campione di salto in alto
Le battaglie
La determinazione dell’atleta l’ha quindi portata a intraprendere una serie di battaglie con le Istituzioni: lettere, incontri, telefonate e richieste di chiarimenti.
«Dall’inizio della mia battaglia si sono succeduti cinque Governi» spiega Anna Maria Mencoboni, «e ogni volta ho dovuto ricominciare da capo e la situazione è ancora senza sbocchi».
Nonostante tutto la Mencoboni non si rassegna: «la mia battaglia è per il diritto allo sport di noi persone con disabilità. Gli atleti-guida sono le nostre protesi, il nostro modo di continuare a vivere lo sport e attraverso lo sport. Lotto perché la luce dell’attività sportiva non si spenga dentro di noi».
Emanuele Boi