Marketing e inclusione sociale: i diversi ambiti e aspetti
Gli ambiti e gli aspetti che coinvolgono l’inclusione sociale sono diversi e tra questi vi è certamente il marketing.
Per Caroline Casey, un’attivista irlandese ipovedente, «se il business contribuisce all’esclusione, allora anche la società sentirà di poter escludere».
Negli ultimi tempi, tuttavia, grazie alla sensibilità mostrata in particolare dalla Generazione Z (cioè i nati tra il 1997 e il 2012), l’inclusione sta diventando un aspetto fondamentale nell’influenzare le abitudini di consumo.
Negli Stati Uniti il 70 per cento dei giovani ha dichiarato di fidarsi maggiormente dei brand che rappresentano la diversità mentre il 49 per cento ha affermato di aver smesso di comprare da marchi che non rispettano i valori in cui credono.
La fiducia, quindi, è uno dei fattori che incide sulla fedeltà e l’acquisto e per le aziende rappresenta un aumento nei ricavi.
Brand e disabilità, la situazione negli Stati Uniti
Quale è la narrazione della disabilità negli spot pubblicitari? Negli Usa, secondo un report redatto da Nielsen, le persone con disabilità sono quasi assenti dalle pubblicità che riguardano e rappresentano la quotidianità.
Entrando più nel dettaglio, la Nielsen ha rilevato come su un campione di 450mila pubblicità prese in analisi, soltanto 6mila includevano persone disabili e più della metà miravano alla promozione di prodotti o servizi del settore medico o relativi alla cura del personale. E questo nonostante le persone con disabilità rappresentino un quarto della popolazione statunitense, ben il 26 per cento dei cittadini.
Accessibilità: necessità e obbligo
Un ruolo fondamentale per l’accessibilità e l’inclusione è ricoperto anche dalla potenza del digitale nell’offerta di beni e servizi.
Per tutelare il diritto dell’individuo ad accedere liberamente a tutte le fonti di informazione e relativi servizi, è entrata in vigore una norma per cui le aziende che offrono servizi al pubblico online e hanno conseguito più di 500 milioni di euro di ricavi annui nell’ultimo triennio, devono rendere i propri siti web e le proprie app accessibili. Per le pubbliche amministrazioni, invece, questa normativa è in vigore già dal 2004.
Per Laura Corbetta, presidente dell’Osservatorio Branded Entertaniment(Obe): «[…] i brand grazie alla loro rilevanza si trovano spesso a guidare all’interno delle audience di riferimento una trasformazione culturale e sociale in termini di linguaggio, rappresentazione e superamento dei pregiudizi.[…] Inoltre c’è l’esigenza di una narrazione orientata alla quotidianità, che esca da rappresentazioni polarizzate. Mettere al centro la persona più che il consumatore è l’elemento realmente differenziante per costruire una relazione più profonda e di lungo termine con le audience».
Emanuele Boi