Margherita Campanelli, dottoressa in pedagogia con sindrome di Down: «ho dimostrato di potercela fare»

Margherita Campanelli nel giorno della sua Laurea

È una storia che fa riflettere quella di Margherita Campanelli, la 26enne di Fano (Pesaro Urbino) che si è laureata in pedagogia alla magistrale di Macerata.

La ragazza, affetta da sindrome di Down, ha perseguito il suo sogno con caparbietà e passione. Dopo la triennale ha cominciato a lavorare come educatrice in un asilo nido della sua città e adesso le piacerebbe diventare imprenditrice aprendo un “agrinido”, uno spazio in cui «dare ai bambini la possibilità di crescere immersi nella natura, in spazi aperti, riconoscendo i loro bisogni e le loro diversità».

Il percorso di Margherita

Oltre al lavoro, nella vita di Margherita c’è spazio anche per il volontariato negli ospedali dove opera come caposcout e clown. L’amore per i bambini è stato il faro che l’ha guidata nel suo percorso professionale e l’ha spinta a non mollare nemmeno davanti alle difficoltà. La più recente è stata senz’altro la pandemia che ha ridotto le sue interazioni all’interno dell’Università.

«Avrei voluto stabilire un contatto e un confronto maggiore con i docenti e i colleghi e purtroppo non è stato possibile per me, così come per tutti gli altri».

Oltre la disabilità

Margherita è la dimostrazione che impegno e determinazione possono portare al conseguimento dei propri obiettivi al di là dei limiti imposti dalla disabilità. Fondamentale il sostegno di famiglia e istituzioni, come afferma la neodottoressa.

«Ho dimostrato di potercela fare e, come me, potrebbero farcela tanti altri ragazzi se troveranno chi crederà in loro e sosterrà il loro cammino».

Spesso, infatti, il vero limite non è la disabilità, ma la percezione distorta che la società ha di chi deve convivere con essa.

Come spiega Francesca Salis, docente di Pedagogia delle disabilità all’università di Macerata e relatrice della tesi di Margherita (dal titolo “Il gioco come strumento e pratica inclusiva al nido. Le prospettive e le dinamiche educative nello spazio 0-6”), la buona pedagogia può fare tanto. «Fino a meno di cent’anni fa» spiega la professoressa, «la sindrome di Down, chiamata “idiozia mongoloide” era considerata la condizione per eccellenza di ineducabilità e che la pedagogia, in contesti inclusivi, può veramente portare le persone a realizzare i propri progetti anche sul piano cognitivo».

L’augurio della docente alla sua ex studentessa è infine quello «di far salva tutta la sua determinazione, il suo coraggio e la sua motivazione per realizzare gli altri sogni che le restano ancora nel cassetto».

Roberta Gatto

1 commento

  • Marilena says:

    Quante osservazioni si potrebbero scrivere su questa storia! Per correttezza non lo farò, mi limito a farne una sola: nella vita a volte conta di più trovare la persona giusta al momento giusto nel posto giusto. A chi non capiterà mai, mai riuscirà.

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