Siti web, l’inclusione sconosciuta

Il Regolamento generale sulla gestione dei dati (Gdpr) impone ai siti web l’inserimento dell’informativa sulla privacy. La normativa, obbligatoria dal 25 maggio 2018 in tutti i Paesi membri della Comunità Europea, si è resa necessaria perché nell’utilizzo di internet, gli utenti non hanno mai la piena consapevolezza dei dati condivisi e le loro modalità di trattamento.

L’informativa, inoltre, deve essere facilmente accessibile e chiara per tutti i destinatari. Ma è davvero così?

La situazione in Italia

La situazione del nostro Paese è stata oggetto di studio del Gruppo di Lavoro per l’agevolazione dell’esercizio dei diritti dell’interessato di Federprivacy con il rapporto “Siti web & diritti privacy, livello di accessibilità agli elementi informativi”.

È stato quindi analizzato un campione di 400 siti web appartenenti a vari settori di organizzazioni pubbliche e private con l’obiettivo di valutare il livello di accessibilità agli elementi informativi.

Se pur l’84,5 per cento dei siti esaminati presenta un’informativa aggiornata alla normativa vigente e l’86 per cento consenta di accedere agevolmente ai contenuti della policy, sotto il profilo dell’inclusione i risultati sono sconfortanti.

Solo l’1,3 per cento dei siti, infatti, è dotato di elementi informativi sul trattamento dei dati personali accessibili, come video, audio, icone o modalità diverse dalla forma scritta in italiano. Il 98,7 per cento, invece, tende a escludere individui che hanno svantaggi dal punto di vista culturale o linguistico nonché le persone con disabilità.

Relazioni online, offline e opportunità del Pnrr

Un’altra riflessione offerta dal rapporto di Federprivacy riguarda le differenze tra il mondo online e offline. Tra le differenze della “società digitale” c’è il modo di intrattenere relazioni e il linguaggio con cui si scambiano le informazioni.

La stessa Unione Europea è consapevole delle trasformazioni sociali, organizzative e relazionali derivate dalla società digitale e non a caso una quota sostanziale dei fondi del Pnrr è dedicata alla transizione digitale.

Si rende necessario, tuttavia, dedicare particolare attenzione alla costruzione di una “civiltà europea” effettivamente inclusiva e non focalizzarsi esclusivamente sulle strutture tecnologiche.

Emanuele Boi

Lascia un commento