Stanze sensoriali al mondiale in Qatar: inclusione o segregazione?

Nonostante gli sforzi impiegati nello show di apertura dove si è puntato sulla vicinanza tra i popoli strizzando l’occhio alla disabilità e mostrando un dialogo tra l’attore Morgan Freeman e l’imprenditore Ghanim Al Muftah (affetto da una malattia rara che compromette la colonna vertebrale), la World Cup 2022 ha chiuso tra polemiche e scelte meritevoli di un cartellino rosso.

Il fatto

Dopo il no della Fifa alle fasce «One Love» con il cuore arcobaleno a sostegno dei diritti Lgbtqi+, c’è ora chi si interroga sul valore delle stanze sensoriali progettate per permettere a persone con disabilità cognitive di assistere alle partite in un ambiente tranquillo.

Queste stanze,come si legge nel sito della Fifa, “si rivolgono principalmente a bambini e giovani adulti con autismo o difficoltà di apprendimento” e sono state allestite con “arredi morbidi, giocattoli e altre attività installate dal Qatar Institute for Speech and Hearing”.

L’obiettivo era quello di “offrire alle persone un’esperienza piacevole durante la partita in un luogo sicuro e protetto”.

Sabika Shaban Majeed,fondatrice di Qatar Disability Resource (ente che riunisce tutti coloro che si occupano di disabilità nel Paese) è stata tra i realizzatori del progetto. Majeed in passato ha preso parte all’allestimento di una stanza sensoriale alla Renad Academy, una scuola dove si aiutano i bambini affetti da autismo e al riguardo ha spiegato come «La maggior parte delle persone neurodiverse può essere sopraffatta dai rumori e infastiditi dall’illuminazione o dagli ambienti affollati. È qui allora a entrare in gioco le stanze sensoriali. Questi ambienti hanno lo scopo di calmare e rilassare le persone. Stiamo parlando di esigenze molto diverse. L’accessibilità non è solo l’installazione di una rampa e l’uso di cartelli in braille. Sono importanti, ma c’è molto di più».

La polemica

Qualcun’altro, però, vede in queste stanze un ritorno al passato, quando le persone con disabilità venivano isolate per non creare disagio agli altri.

Ci si interroga quindi, sul reale valore dell’esperimento e su quanto sia effettivamente valido dal punto di vista dei bisogni delle persone con disabilità cognitiva nonché sul modo migliore di soddisfarli.

Il mondiale ci lascia quindi con una domanda  sulla quale riflettere: si può parlare di inclusione quando si passa attraverso l’esclusione?

Roberta Gatto

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