Impianti cocleari, uno studio svela l’area cerebrale che li fa funzionare meglio

Lo studio effettuato dai ricercatori della New York University School of Medicine è partito da una semplice domanda: perché gli impianti cocleari, sviluppati circa 50 anni fa per la sordità profonda, non funzionano bene su tutti i pazienti? I ricercatori hanno ora scoperto un meccanismo in grado di spiegare il motivo di questa variabilità clinica.

Lo studio nel dettaglio
Come spiegato dai ricercatori, gli impianti cocleari sono costituiti da due parti: una esterna che raccoglie i suoni e una interna che trasmette i suoni al cervello trasformandoli così in segnali nervosi che viaggiano sui nervi acustici. Nel corso di uno studio condotto in laboratorio, il team di ricerca ha scoperto come l’attività di una determinata area cerebrale (chiamata locus ceruleo dove viene prodotto il neurotrasmettitore noradrenalina) sarebbe in grado di predire il successo di un impianto cocleare. In particolare, i ricercatori hanno potuto notare come, stimolando questa area cerebrale dall’esterno, l’impianto cocleare in un certo senso attecchisce e funziona meglio.

I risultati
Secondo i ricercatori, la noradrenalina sarebbe quindi in grado di stimolare la plasticità cerebrale e in particolare della corteccia uditiva, ottimizzando così la capacità del cervello di adattarsi all’impianto e recuperare l’udito. La scoperta potrebbe portare quindi allo sviluppo di un trattamento da prescrivere al momento dell’impianto per massimizzarne le chance di successo.

La ricerca, svolta su delle cavie, ha scoperto e dimostrato come l’attività del locus ceruleo e la conseguente produzione di noradrenalina migliori la percezione dell’udito.

Il gruppo di cavie su cui c’era la stimolazione del locus ceruleo imparavano a eseguire il compito in tre giorni, mentre il gruppo su cui non c’era stimolazione ha impiegato fino a nove giorni

Emanuele Boi

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