Esistono screening neonatali salvavita, esami con ausili all’avanguardia e test genomici, ma non sono per tutti

Con l’adroterapia si possono curare alcuni tipi di tumore non operabili o resistenti alla radioterapia tradizionale; l’enteroscopia con microcamera ingeribile (o con videocapsula) può indagare eventuali patologie del tratto gastrointestinale senza introdurre endoscopi; la tomografia ottica computerizzata (Oct) individua e monitora gravi malattie quali maculopatia, glaucoma, retinopatia. Sono alcuni dei tanti esempi di innovazione tecnologia in campo medico di cui però il Servizio sanitario ancora non li rende accessibili a tutti. Una questione economica, certo, ma anche di procedure che non vengono completate ed eseguite.

Le cause

Il motivo? Si attende ancora la pubblicazione del Decreto interministeriale dove si definiscono le tariffe aggiornate dell’assistenza specialistica ambulatoriale e protesica (per i dispositivi su misura) da rimborsare ai fornitori. Il Decreto doveva essere emanato entro febbraio 2018 così da introdurre strumenti innovativi per curare molte malattie. Tra queste patologie rare e croniche riconosciute nel 2017. I pazienti, però, non possono accedere a queste possibilità diagnostiche. Qualche esempio? Le prestazioni ambulatoriali di procreazione medicalmente assistita (Pma) per le coppie che non possono avere figli; ausili e dispositivi all’avanguardia quali apparecchi acustici digitali, protesi di ultima generazione, carrozzine basculanti. Si tratta di alcune delle prestazioni innovative inserite nei Livelli essenziali di assistenza (Lea) nel 2017, quindi a carico del Servizio sanitario nazionale: di fatto, però, non sono disponibili per tutti gli assistiti.

La beffa

Nel frattempo, secondo le norme transitorie, continuano a essere forniti servizi, prestazioni e ausili compresi nei precedenti Lea del 2001, fermi al 1996 per la specialistica e al 1999 per la protesica. Attenzione, però: vengono fatte salve le prerogative delle Regioni. Cosa significa?

Le Regioni coi conti in ordine possono impiegare risorse proprie per garantire le nuove prestazioni agli assistiti in modalità“extra-Lea”. Non possono, invece farlo le Regioni incluse in piano di rientro e, guarda caso, sono quasi tutte riferite al Sud e qualcuna al Centro Italia. Insomma, la Sanità non uguale per tutti.

Molte nuove prestazioni non sono esigibili su tutto il territorio nazionale non essendo stato approvato il“Decreto tariffe”. E così, ogni Regione ha deciso di erogare ai propri residenti le prestazioni che ritiene prioritarie anche se possono esserci differenze anche tra diverse Asl. In pratica, sono“saltati”i Livelli essenziali di assistenza e molti pazienti sono costretti a spostarsi, a proprie spese, così da potersi curare al meglio.

Servizi negati

Lo screening neonatale esteso offerto gratuitamente a tutti i nuovi nati ai fini della diagnosi precoce di un ampio spettro di malattie congenite (nel rispetto del Dpcm sui Lea del 2017), in alcune Regioni si fa anche per l’Atrofia muscolare spinale (Sma) e altre patologie rare, mentre in altre Regioni, i neonati non hanno lo stesso diritto.
Una donna con tumore al seno in stadio precoce può fare il test genomico senza spese a suo carico in Lombardia o Emilia Romagna, ma in qualche altra Regione non vi può accedere tramite il Servizio sanitario nazionale.

Tutte queste e altre prestazioni (e malattie) risultano in lista di attesa: aspettano, insomma, di essere inserite nei Livelli essenziali di assistenza (Lea) nonostante il via libera da parte della “Commissione nazionale per l’aggiornamento dei Lea.

La Corte dei Conti

Ritardi pure sottolineati dalla Corte dei conti nella Relazione sul rendiconto generale dello Stato 2021 diffuso nel giugno 2022. In questo documento si legge infatti come «l’ostacolo è rappresentato dalla mancata approvazione delle tariffe massime». E quindi, ancora, la mancanza del “Decreto Tariffe”, senza il quale non è possibile nemmeno attuare gli aggiornamenti.

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