Mondo del lavoro, mancano dirigenti, operai specializzati e tecnici

Sempre più difficile per le imprese italiane trovare personale. Secondo Unioncamere-Anpal, tra professioni che si reclutano con maggiori difficoltà vi sono dirigenti, operai specializzati e tecnici. Non sono esenti dal problema anche quegli enti del Terzo settore che cercano educatori, assistenti sociali e pedagogisti. «Mancano le figure socio educative che rappresentano l’asse portante del nostro sistema di cura», spiega Liviana Marelli del Coordinamento nazionale delle comunità di accoglienza. «Il problema c’è», conferma Marco Rossi-Doria, presidente dell’impresa sociale Con i bambini, attiva in Italia con circa 7mila organizzazioni del Terzo settore contro la povertà educativa, «e la mancanza di educatori è una criticità che emerge in maniera crescente».

L’allarme arriva dal Nord Italia come dal Sud e riguarda dalle comunità per minori ai servizi diurni. Secondo uno studio di Inapp, gli educatori professionali impiegati nel Terzo settore sono 87.673, pari al 24 per cento della forza lavoro. Al conteggio però vanno aggiunti anche gli educatori del pubblico, per i quali mancano però dati nazionali. Insomma, è difficile stabilire quanti sono gli educatori in Italia. E quindi anche di quanti ci sia bisogno.

La carenza di educatori è un problema per le organizzazioni non profit così come per le amministrazioni pubbliche. Ma soprattutto, il problema riguarda i beneficiari di questi servizi e cioè le tante persone in difficoltà che con meno educatori rischiano di venire seguite meno e male: minori, anziani, famiglie, senza dimora, richiedenti asilo e rifugiati, detenuti e persone con disabilità, dipendenze, problemi di salute mentale.

Le cause

Come si è arrivati a questa situazione? Sicuramente tra le cause vi sono le condizioni di lavoro. Gli educatori hanno contratti spesso precari e salari bassi, soprattutto tra le professioni che richiedono una laurea. Il tutto a fronte di turni, festivi, stress. In molte regioni del Sud, gli enti locali pagano spesso le organizzazioni del Terzo settore dopo sei, dodici, a volte diciotto o ventiquattro mesi. E quindi anche gli educatori ricevono il loro compenso con uguali ritardi. Aggiungiamoci la pandemia che ha spinto molti a riflettere sul proprio lavoro, con la fine del turnover per il personale scolastico molti educatori sono passati alla scuola pubblica.

Le risorse messe a disposizione

Nel 2023 le risorse ripartite principalmente fra Regioni e Comuni saranno 390 milioni di euro, così come lo sono state anche nel 2021 e nel 2022. Si tratta di una cifra superiore a quella degli anni precedenti, ma di gran lunga inferiore a quella dei primi anni Duemila quando il fondo ha sempre superato il miliardo e, spesso, anche il miliardo e mezzo di euro.

Se dallo Stato arrivassero più fondi agli enti locali, questi potrebbero garantire agli enti del Terzo settore contratti migliori e quindi migliori condizioni ai lavoratori, educatori compresi. E se invece le rette restano quelle pagate ora si assisterà non solo alla chiusura delle comunità di accoglienza, ma anche le cooperative che le gestiscono.

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