L’Istat fotografa la situazione dei sordo ciechi in Italia

I numeri dicono che in Italia sono 100mila le persone con più di 15 anni a presentare limitazioni sensoriali gravi e plurime alla vista e all’udito con percentuale dello 0,2 per cento della popolazione. Numeri per certi versi simili all’Europa dove la sordocecità colpisce 656mila persone con lo 0,2 per cento della popolazione residente e lo 0,6 per cento degli anziani. È ciò che emerge dal “Nuovo studio sulla popolazione di persone sordocieche con disabilità sensoriali e plurime in condizioni di gravità” commissionato dalla Fondazione Lega del Filo d’Oro Onlus e realizzato dall’Istat.

La ricerca

Si tratta di una ricerca inedita visto come pur giungendo alla sua seconda edizione, quest’anno è stata estesa al contesto europeo. Lo studio fornisce una maggiore consapevolezza rispetto alla vastità del fenomeno della sordocecità e indaga le condizioni di vita delle persone che ne sono colpite attraverso la classificazione internazionale Icf (International Classification of Functioning, Disability and Health). In questo studio si considera la disabilità come il risultato dell’interazione negativa tra la persona e l’ambiente fisico e culturale in cui vive, in accordo con quanto sancito dalla Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità.

Cosa dicono i numeri

Intanto, appare limitato l’accesso a istruzione e lavoro e così le persone sordocieche sono a rischio povertà.
Secondo lo scenario emerso, in Italia il 67,6 per cento delle persone sordocieche è donna, il 61 per cento ha oltre 65 anni di età e una persona su 4 (25,8 per cento) vive da sola.

A causa dei limiti imposti dalla complessa disabilità sensoriale, la maggior parte di loro ha titoli di studio più bassi rispetto al resto della popolazione. Un dato su tutti: circa una persona su 2 ha solo la licenza elementare (56 per cento) e, di conseguenza, una capacità di reddito inferiore. Solo il 26 per cento dichiara di essere occupato e il 6 per cento si dichiara inabile al lavoro.

Come vivono le persone sordocieche
Indagando più nello specifico e analizzando il sottogruppo del 65enni e più, per quanto riguarda il livello di autonomia nelle attività quotidiane, il 43,5 per cento riscontra difficoltà gravi nelle attività domestiche mentre il restante 16,1 per cento dichiara di avere almeno una difficoltà grave sia nelle attività di cura personale che nelle attività domestiche. Inoltre, tra coloro che dichiarano di avere almeno una difficoltà moderata o grave nelle attività di cura personale, quasi 4 persone su 10 (37,5 per cento) denunciano una mancanza di aiuto. Questa cifra sale fino a una persona su due tra coloro che dichiarano invece di avere almeno una difficoltà moderata o grave nell’attività domestica.
Limitazioni alla vista, all’udito e motorie
In Italia sono 262mila le persone con più di 15 anni che, oltre alle limitazioni sensoriali gravi plurime legate alla vista e all’udito presentano contemporaneamente limitazioni di tipo motorio (lo 0,5 per cento della popolazione). Questa cifra arriva fino a oltre 1 milione e 400mila persone in Europa (lo 0,3 per cento della popolazione, il 2,5 per cento per gli anziani).
Legge 107/2010: un limbo normativo da colmare
Con l’approvazione della Dichiarazione sui diritti delle persone sordocieche (1 aprile 2004), il Parlamento europeo ha riconosciuto la sordocecità quale disabilità distinta. Per questo ha invitato gli Stati membri a riconoscere la specificità di questa disabilità complessa così da garantire alle persone che ne sono colpite i diritti e le tutele normative che ne conseguono.

Queste raccomandazioni hanno trovato attuazione nel nostro Paese grazie alla Legge 107/2010. Tra le “Misure per il riconoscimento dei diritti delle persone sordocieche” viene riconosciuta la sordocecità come disabilità specifica unica mentre in precedenza ci si riferiva alla sommatoria delle due minorazioni.
La Legge 107/2010 rappresenta certamente un primo, fondamentale, passo per il riconoscimento dei diritti delle persone con sordocecità, ma vi sono ancora alcune significative incongruenze nella formulazione del quadro normativo che lo rendono inadeguato. E questo al fine di una tutela giuridica collettiva, capace di includere tutte le persone con disabilità aggiuntive.

Bachisio Zolo

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