Si chiama Nomophobia ed è la paura dei giovani di rimanere sconnessi da Internet

Con il neologismo nomophobia si indica la paura di rimanere sconnessi dal contatto con la rete procurando così conseguenti stati ansiosi. Con questo termine viene quindi indicata la “malattia”che affligge gli adolescenti di oggi, travolti dall’uso massiccio della rete. Il dato fornito dallo studio del Comitato regionale delle comunicazioni della Lombardia insieme all’università Bicocca e a Polis Lombardia fa così emergere una ricerca condotta sui giovani.

L’uso massiccio di dispositivi elettronici porterebbe quindi con sé a conseguenze psicologiche e sociali.

Le conseguenze

Tra le patologie più frequenti si riscontrano la depressione, i problemi legati al sonno, comportamenti antisociali, disturbi dell’alimentazione fino ad arrivare a una vera e propria dipendenza.

A tutto questo si aggiungono dipendenza dai videogiochi, dipendenza dalle relazioni virtuali, dal sesso virtuale, il sovraccarico cognitivo, la net compulsion, la dipendenza da social network o social media, il gioco d’azzardo, e poi appunto la nomophobia.

I numeri

Il 6 per cento della popolazione sarebbe affetta da dipendenza da internet, ma l’uso problematico si allarga al 14 per cento e le fasce più giovani, cioè gli under 23, risultano quelle più colpite. Con una particolarità: i maschi sono soprattutto legati alle attività ludiche, le femmine più alle attività online legate alle relazioni. Durante l’epoca Covid, il distanziamento sociale e la conseguente quarantena hanno rappresentato fonte di stress per bambini e adolescenti proprio perché sono venute meno le routine, le occasioni di socializzazione, le attività di ricreazione all’aperto.

I risultati delle varie indagini effettuate

Un’indagine condotta nel 2021 dal Gaslini di Genova ha rilevato come tra i giovani d’età compresa tra i 6 e i 18 anni erano evidenti sintomi di irritabilità, disturbi del sonno, ansia generalizzata, depressione. Nello stesso studio si è rilevato anche come tra i giovani di età compresa tra i 18 e i 24 anni, l’uso di alcool durante la pandemia sia aumentato del 209 per cento. E certi “giochi” online non facevano che favorire questa deriva. Un esempio? Le sfide estreme come le NekNomination: in pratica la sfida tra i giovani nel filmarsi sui social mentre si beve d’un fiato una bottiglia di superalcoolici.

L’approvazione sui social

Dalla dipendenza dai social media deriva poi il bisogno di essere dagli utenti approvati. Per riuscire in questo “bisogno” di approvazione si modifica il proprio essere e quindi si trasformano le proprie foto tramite app così da aumentare la propria autostima nel mostrarsi agli altri come fisicamente più desiderabili.

Mezzi tecnologici e sollievo

L’uso compulsivo dei videogiochi porta a una sorta di “sollievo” per i ragazzi. Il meccanismo di ricompensa è molto simile, se non sovrapponibile, a quello sperimentato con l’uso di alcuni stupefacenti. I giocatori «addicted» tendono quindi a presentare più facilmente sintomi ansiosi e depressivi, psicoticismo, affettività negativa, nevroticismo e scarse abilità di coping, cioè la capacità di tenere sotto controllo, affrontare e/o minimizzare conflitti e situazioni o eventi stressanti.

Lascia un commento