Marzo mese della consapevolezza sull’endometriosi: a soffrirne sono le donne

Sono 3 milioni le donne italiane che convivono con questa patologia, ma potrebbero essere molte di più visto come le diagnosi arrivano spesso con oltre 8 anni di ritardo. Per questo, nelle giornate del 25 e 26 marzo, numerose città italiane aderiranno alle iniziative proposte da A.P.E. (Associazione Progetto Endometriosi) con lo scopo di informare e sensibilizzare su questa patologia.

Ma cosa è l’endometriosi e quali cure ci sono attualmente?

Una patologia invalidante

Sebbene riconosciuta come patologia solo parzialmente invalidante, l’endometriosi ha un forte impatto su diversi aspetti della vita delle donne. Questa patologia viene inserita solo di recente nelle tabelle dell’Inps e nei nuovi Lea (Livelli essenziali di assistenza) ed è riconosciuta come invalidante solo nei casi più gravi dando diritto unicamente all’esenzione per visite mediche e farmaci.

Ma quale è la reale incidenza sulla qualità della vita delle pazienti?

Una malattia dai mille volti

L’endometriosi può essere definita come un’infiammazione cronica benigna degli organi riproduttivi femminili, causata dalla presenza di cellule che in condizioni normali si trovano solo all’interno dell’utero, ma che nelle donne affette da questa patologia si sviluppano anche negli altri organi.

La conseguenza è che la salute di organi come l’intestino, la vescica, le ovaie viene compromessa con un impatto molto negativo sulla qualità della vita e sul benessere psicologico delle donne.

Il dolore che spesso accompagna la patologia e che diventa invalidante nei casi più gravi, la compromissione della fertilità e le patologie conseguenti alla presenza di tessuto endometriale in altri organi possono portare nei casi più gravi alla depressione.

Essendo una malattia difficilmente diagnosticabile, spesso il ritardo diagnostico porta le donne affette da endometriosi a lunghi cicli di esami e terapie che si rivelano inutili, con conseguente sconforto da parte delle pazienti che non comprendono l’origine del loro malessere.

Poiché la patologia colpisce principalmente donne in età fertile (25 – 35 anni), l’impatto negativo sulla capacità di avere figli può essere un altro fattore di rischio per l’equilibrio psicologico di queste donne.

Le cure

Attualmente non esistono vere e proprie cure. A seconda della gravità del quadro clinico e dei sintomi, lo specialista può optare per diverse soluzioni che vanno dal semplice monitoraggio alle terapie farmacologiche, arrivando infine alla chirurgia.

Poiché l’endometriosi non può regredire, l’approccio è quello di rendere più sopportabili i sintomi e di rallentare la progressione della malattia. Le terapie vanno dall’assunzione di ormoni alla cura dell’alimentazione.

L’importanza della dieta

L’endometriosi è una patologia estrogeno-dipendente: ciò significa che per tenere a bada l’infiammazione è necessario abbassare il livello di questi ormoni nel sangue e assumere prostaglandine di tipo PGE1, note per le proprietà anti-infiammatorie. L’alimentazione dovrà quindi seguire le linee guida raccomandate dalla Fondazione Italiana Endometriosi, adattandosi di volta in volta alle esigenze specifiche di ognuna.

In linea generale è consigliabile l’assunzione di cibi antinfiammatori disintossicanti e bere almeno 2 litri di acqua al giorno così da ridurre la sintomatologia dolorosa. A questo si deve aggiungere uno stile di vita sano e non sedentario.

In alcuni casi, lo specialista potrà consigliare integratori per contribuire alla salute generale e contrastare i sintomi.

In conclusione, la diffusione di consapevolezza e conoscenza di questa malattia è a oggi il modo migliore per fare prevenzione, ottenere cure migliori e investimenti nella ricerca, maggiori diritti e sostegno anche da parte delle istituzioni.

Roberta Gatto

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