Disabilità e discriminazione e la polemica esplode

Allontanato dal gruppo scout perché affetto da Adhd di tipo combinato con deficit dell’attenzione e iperattività. Succede a Roma e la vittima di discriminazione è Francesco, un bambino di 8 anni.

La denuncia

A denunciare il fatto con una lettera al “Gazzettino” è Paola, madre del piccolo. Nella lettera si legge: «nessuno ha la minima idea di ciò che può aver scatenato in noi genitori quando, con le lacrime agli occhi, ci ha sussurrato all’orecchio: “a me non mi vuole nessuno”».

La madre ripercorre, inoltre, il percorso del figlio raccontandone l’entusiasmo nel frequentare il gruppo di bambini. «Alla prima riunione, io e mio marito abbiamo fornito ai responsabili del gruppo tutte le certificazioni che attestano le difficoltà di nostro figlio» scrive ancora, «per lui è stata un’esperienza unica. Non faceva che raccontare le sue scoperte, i giochi e cosa più importante, l’interazione con altri coetanei. Tra le figure di riferimento, mio figlio si sentiva in perfetta sintonia con un’assistente dolce e paziente».

Dopo un anno, il piccolo inizia a mostrare una regressione dal punto di vista dell’umore, ma soprattutto della serenità raggiunta. Infatti tutto l’organico, compresa la collaboratrice entrata in sintonia con Francesco, è stato sostituito e nonostante fossero a conoscenza delle problematiche del piccolo non ha compreso il tipo di approccio di cui necessita la patologia. «Di punto in bianco, il capogruppo mi ha comunicato che il bambino non avrebbe fatto più parte dei “lupetti” in quanto non erano in grado di contenerlo, né si sentivano di seguirlo ancora. È stato un colpo basso. Principalmente per Francesco, che avrebbe dovuto rinunciare ai giochi, agli amichetti, alle esperienze fuori casa. Ma anche per noi genitori che alla notizia, abbiamo letto nel suo sguardo la delusione e il grande dispiacere».

In conclusione, la madre evidenzia la necessità di un’adeguata informazione sull’Adhd: «siamo ragionevolmente coscienti che questo comportamento può indurre coloro che hanno una scarsa cognizione della patologia a temere per l’incolumità dei propri figli. Tuttavia, siamo certi come un’adeguata informazione può aiutare a gestire questi ragazzi meno fortunati di altri, senza dover tradire le loro aspettative. Queste creature non hanno colpa né responsabilità sui loro comportamenti e la ferita che si rinnova ogni qualvolta vengono allontanati non fa che aumentare la loro frustrazione e la loro inadeguatezza».

Emanuele Boi

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