Autismo e i fondi inclusione ai Comuni: come spendere male 100 milioni di euro

Molti Comuni destinatari dei fondi per l’inclusione degli alunni con disabilità fisiche o sensoriali hanno utilizzato male i fondi affidati. Questi fondi servivano infatti per erogare il servizio di assistenza per l’autonomia e la comunicazione mediante l’affidamento a enti convenzionati sulla base di bandi che però non rispettano la normativa vigente in materia di disturbo dello spettro autistico. Non rispettano l’art 139 del decreto legislativo n. 112/98 così come l’art. 13, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104 in cui è espressamente prescritta la specializzazione del personale adibito al servizio di assistenza per l’autonomia e la comunicazione. Il requisito della specializzazione è fondamentale perché gli allievi con autismo hanno difficoltà di comunicazione dovuta alla patologia organica (solitamente genetica) che gli impedisce, sia un buon livello di autonomia, sia la comunicazione in entrata e in uscita. Da decenni è stata dimostrata la falsità dell’ipotesi che questi allievi avessero la capacità di parlare e di ascoltare, ma non ne avessero la volontà (come nel mutismo elettivo).

A differenza di quanto succede per la disabilità della vista e dell’udito, per quest’ultimi esiste anche la possibilità di scelta tra traduttori Lis, List oppure oralisti. I bandi in questione, non riportano i requisiti necessari a definire la specializzazione della figura professionale che deve assistere i bambini con autismo e pertanto gli enti accreditati, non avendo obblighi specifici, assegnano personale che non risponde ai dettami della Legge 104/92. Di più: non possiede la specializzazione necessaria a garantire la continuità assistenziale basata sull’Analisi Applicata del Comportamento. Non garantisce continuità della Linea Guida n.21 del Ministero della Salute e delle Linee di indirizzo approvate in Conferenza Unificata nel 2012 così come confermate anche dall’aggiornamento del 10 maggio 2018, dalla legge 134 del 2015 e dall’art.60 dei Lea vigenti che lo ritengono un diritto.

Da tutto questo ne deriva la mancanza di interesse da parte degli enti accreditati di provvedere alla formazione specifica iniziale e permanente dei lavoratori.

Se non si inseriscono questi riferimenti normativi, gli enti accreditati si sentono autorizzati a non dotarsi di personale specializzato in Aba. Le conseguenze? Il servizio erogato non risponde ai dettami normativi e in particolare non garantisce il diritto inviolabile all’educazione e all’istruzione dell’allievo con autismo. Un vero problema.

Cosa si può fare? Intanto i Comuni dovrebbero emettere nuovi bandi contenenti i requisiti necessari a definire la specializzazione della figura professionale che deve assistere i bambini e gli allievi con autismo. Così si garantirebbe la continuità assistenziale basata sull’Analisi Applicata del Comportamento e verrebbe così garantita dalla Linea Guida n.21 del Ministero della Salute e dalle Linee di indirizzo approvate in Conferenza Unificata nel 2012 così come confermate anche dall’aggiornamento del 10 maggio 2018. La legge 134 del 2015 e l’art.60 considerano questo un diritto.

Occorre inoltre sensibilizzare maggiormente i Dirigenti Scolastici riguardo la verifica dell’idoneità degli assistenti per l’autonomia e la comunicazione in particolare per quanto riguarda la specializzazione in Aba o altre strategie educative raccomandate nella Linea Guida 21 in modo da garantire la continuità terapeutica sulla base della scelta della famiglia”.

Bachisio Zolo

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