La musica non è uguale per tutti: ecco perché le persone con disabilità sensoriale sono un pubblico di serie B

Ho letto di recente una piccola polemica in merito a una notizia apparsa su diverse testate online, dove si celebrava la laurea in pianoforte di un ragazzo cieco dalla nascita come un evento straordinario. Non mi soffermerò troppo su questo punto, perché la polemica che si è scatenata è andata nel solito modo: i giornali fanno di una persona con disabilità un supereroe, il mondo dei ciechi giustamente fa notare che ne abbiamo piene le tasche di queste celebrazioni del nulla cosmico, che Nicola (il ragazzo neolaureato al conservatorio) bravo è stato bravo, ma esempio da seguire o da innalzare agli onori della cronaca anche no. E sì, ribadisco, siamo tutti e tutte stufi marci di queste narrazioni distorte e “abiliste” (o forse più disabiliste) che ci fanno apparire come dei fenomeni ogni volta che facciamo qualcosa di assolutamente normale, come se nel nostro cervello ci fossero un solo neurone e il resto bambagia. E aggiungo: se la laurea fosse stata in, che so, architettura, e Nicola primo non vedente a disegnare un palazzo con tutti i crismi del caso, forse avrebbe avuto senso. Ma celebrare una laurea al conservatorio, quando è quasi uno stereotipo il fatto che i non vedenti siano forti con la musica (non tutti, io ne sono un esempio lampante, sono stonata e affetta da una gravissima forma di “disritmia”, ovvero ho il senso del ritmo di un carciofo); e che è dai tempi di Braille che possiamo fare musica come Dio comanda, grazie al Braille, appunto, e oggi anche a moderni software dotati di accessibilità come Reaper… anche no, grazie.

Detto questo, tutti pronti a celebrare il ragazzo che è riuscito (quasi mi commuovo) con immensi sforzi e determinazione a prendersi la laurea in pianoforte (e non dico che non abbia dovuto sudare, perché se il conservatorio dove ha studiato va come il resto delle scuole e delle università italiane non è proprio una passeggiata trovarsi nelle condizioni di poter studiare come tutti gli altri. Ma qui il limite non è la disabilità, è la società, come sempre) e nessuno che invece si interroghi sul punto (miserrimo) a cui siamo in termini di accessibilità degli spettacoli musicali.

Libiamo in Lis

Leggo oggi che a Siracusa andrà in scena una “Traviata” in Lis (lingua dei segni italiana) e tra me e me penso: finalmente qualcosa si sta muovendo. Non sono sorda, ma qualsiasi presa di coscienza sul mondo della disabilità non può che generare in me una piccola speranza. La speranza che ci si ricordi anche di noi, disabili sensoriali, quando si prepara uno spettacolo musicale.

Fantasma dell’opera è qui… ma a metà

Il 22 ottobre sarò a Milano per assistere al musical “Phantom of the opera”, opera a cui sono affezionatissima fin da quando ero ragazzina: conosco le parti a memoria, sia in italiano che in inglese e nel 2017 sono andata fino a Londra per vedere il musical al teatro “Her Majesty”. Emozionante, certo, e dato che ho visto il film quando ancora vedevo, ho potuto facilmente immaginare ciò che accadeva sul palco, anche grazie all’audio descrizione del mio compagno (vedente).

Ora, questo accadeva sei anni fa, quando ancora non si faceva un gran parlare del mondo della disabilità, di inclusione e di tutte quelle belle cose di cui solitamente si parla, più per dare aria alla bocca che per fare qualcosa di concreto in merito.

A ogni modo, siamo nel 2023, qualcosa sarà cambiato, mi dico. Su internet leggo di alcuni spettacoli che hanno messo a disposizione degli spettatori non vedenti dei piccoli tour pre-show, dove una guida li ha condotti sul palco per toccare scenografie e oggetti di scena e addirittura i visi degli attori. Ora, non che io sperassi tanto, anche se ho scelto di assistere al musical di Milano principalmente perché amo alla follia l’attore che interpreterà il Fantasma. Amo la sua voce e l’interpretazione che, a mio parere, lo rendono IL FANTASMA per eccellenza, e potergli anche solo stringere la mano sarebbe per me come una cheese cake al triplo cioccolato per una persona a dieta. Ecco allora che prendo i biglietti e chiedo, piena di speranza, se sarà disponibile che so, un’audiodescrizione su app?

Risposta: no.

Ok. Sconto biglietto? Sì, ma.

Ma. Ma cosa?

Ma essendo io persona a mobilità ridotta ed essendo il teatro sprovvisto di scivoli, i vigili del fuoco non vogliono che io stia negli anelli superiori per via delle scale. Mi spostano quindi in platea, molto vicino al palco. Fantastico, se non fosse che essendo cieca non mi cambia un piffero a livello di godimento del musical. Però, se scoppiasse un incendio uscirei più velocemente. Eh, ora mi sento molto più tranquilla. Quindi in pratica mi costringono a stare in platea, che costa il doppio, insieme al mio compagno, però dato che c’è lo sconto io non pago, lui paga doppio. In definitiva, ho risparmiato una decina di euro. Peccato che stare in platea significhi stare lontana dalle due coppie che verranno a teatro con me, perché ecco, probabilmente il teatro non lo sa, ma le persone con disabilità non vanno a teatro con l’accompagnatore – badante – infermiere: magari ci vanno con il partner, la famiglia, gli amici. Magari gli girano pure le scatole a essere divise dal gruppo, specie se si era organizzato per stare tutti insieme.

Scrivo allora alla Uici Milano facendo presente questa situazione e chiedendo se, almeno, visto che mi creano in realtà un disagio, possono almeno domandare al teatro che organizzi qualcosa per rendermi lo spettacolo più inclusivo, magari con un piccolo tour come quello descritto sopra. L’Uici mi fa presente che non possono farci nulla.

Vabbé, non che mi aspettassi nulla di diverso. Però è davvero triste che a oggi stiamo ancora messi così. Aveva ragione il Fantasma che se ne stava rintanato sotto il teatro e suonava e cantava per conto suo e nascondeva la sua diversità dietro una maschera. Il mondo non era ancora pronto a includerlo e se si fosse proposto ai proprietari del teatro per mettere in scena uno spettacolo, nel migliore dei casi si sarebbero commossi davanti a uno storpio che suonava in modo tanto virtuoso. Nel peggiore, gli avrebbero detto di non rompere le scatole e mettersi in platea, al centro però, non in seconda gradinata, che sennò il Bataillon de sapeurs-pompiers de Paris non avrebbe apprezzato. Per chi non lo sapesse, il romanzo da cui è tratto il musical è stato scritto nel 1909 da Gaston Leroux ed è ambientato all’Opera di Parigi nel 1881.

Il fatto che le cose non siano cambiate dall’epoca in cui il Fantasma infestava il teatro parigino è a dir poco preoccupante. Forse, il 22 ottobre mi sentirò un po’ fantasma anche io. Di sicuro, per il teatro, lo sono.

Roberta Gatto

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