Genova, un robot nelle corsie dell’ospedale

Da molti anni l’uomo si interroga sull’evoluzione del rapporto con i robot, soprattutto dopo lo sviluppo dell’intelligenza artificiale. Alimentati dalle produzioni cinematografiche, nell’immaginario collettivo si alternano anche scenari catastrofici e avveniristici. Di contro, l’Università di Genova sta sperimentando modelli umanoidi capaci di relazionarsi e tenere compagnia a pazienti paraplegici e tetraplegici.

La sperimentazione dell’Università di Genova

I ricercatori di Rice Lab – Dibris e Bioengineering Lab, Università degli Studi di Genova hanno esaminato l’effetto dell’interazione dei robot socialmente assistivi (Sar) con 10 pazienti e 10 tra medici fisioterapisti e infermieri.

I pazienti, tra i 18 e i 76 anni hanno interagito con il robot per 30 minuti e in una seconda sessione di 2 ore. Il personale di reparto solo per 30 minuti. Successivamente è stato sottoposto un questionario per misurare fattori quali attitudine positiva verso il robot, facilità di utilizzo, desiderio di utilizzarlo in futuro, utilità percepita e livello di fiducia. I risultati hanno mostrato un riscontro positivo da parte dei pazienti mentre per quanto riguarda il personale di sala, nonostante l’atteggiamento positivo, tende a preoccuparsi maggiormente dei pazienti stessi.

Va evidenziato come, oltre all’assistenza sanitaria, i Sar sono utilizzati in altri campi, tra cui l’istruzione e l’assistenza sociale. Nello specifico, in ambito sanitario i robot vengono utilizzati per assistere i terapisti o per tenere compagnia ad anziani e persone con deficit cognitivi. «Nei prossimi anni si assisterà a una diminuzione delle risorse umane dedicate all’assistenza» spiega Antonio Massone, responsabile dell’Unità Spinale dell’Ospedale Santa Corona di Pietra Ligure, «e allo stesso tempo aumenterà il numero di persone anziane e fragili da curare e riabilitare. Per affrontare questa realtà è ipotizzabile la necessità di utilizzo di robot umanoidi assistivi nelle corsie degli ospedali».

Il contributo di ChatGPT4

L’innovazione dello studio consiste nel fatto che i robot hanno la capacità di relazionarsi con le persone adattandosi all’età, il genere, le condizioni fisiche e mentali. Come è possibile che il robot si adatti al contesto e agli individui con cui interagisce? Questo avviene tramite un sistema cloud progettato proprio per considerare questi fattori.

Entrando nel merito delle interazioni Antonio Sgobrissa, professore associato dell’Università di Genova, Rice Lab, spiega come «nel caso dei pazienti dell’Unità Spinale, l’interazione avviene chiacchierando su svariati argomenti, tenendo però conto della situazione. Ad esempio non si parlerà di praticare sport ma di seguire lo sport in Tv».

Come vengono create le risposte dei robot? In parte sono create dagli umani, affinché siano adeguate per la popolazione di riferimento; altre sono create in autonomia grazie alle funzioni di ChatGPT4, un’applicazione di intelligenza artificiale capace di generare risposte coerenti con le domande poste dagli umani. Anche in questo caso, tuttavia, sono fornite al chatbot indicazioni specifiche perché si rispettino i canoni necessari.

Emanuele Boi

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