Lavoro: donne più colte degli uomini, ma il divario occupazionale le penalizza

Sebbene possa sembrare un controsenso, le donne sono più istruite degli uomini, ma faticano a trovare un posto di lavoro. È quanto emerge dal report “Livelli di istruzione e ritorni occupazionali. Anno 2022” dell’Istat. Stando ai dati raccolti dall’Istituto, nonostante le donne tra 25 e 34 anni laureate siano il 35,5 per cento contro il 23,1 per cento degli uomini, tra le prime il tasso di occupazione è di molto inferiore a quello maschile (57,3 contro 78 per cento).

La situazione in Europa

Tra le cause del divario di genere in Italia e nel resto d’Europa sembrerebbe esserci la cura dei figli, tradizionalmente delegata alle donne. A stupire è il fatto che, al contrario, il tasso occupazionale per gli uomini con figli è addirittura del 90 per cento.

L’Italia si discosta dagli altri Stati membri dell’Unione Europea di circa 20 punti, classificandosi di conseguenza come il secondo Paese con il divario più ampio.

Nel resto dell’Ue, la situazione si discosta di poco: il 30 per cento delle donne è inoccupata, le altre sono sottoccupate, ovvero costrette a ridurre le ore lavorative per prendersi cura della famiglia. Tra le conseguenze in ambito professionale, una maggiore difficoltà a ricoprire posizioni di prestigio. E questo nonostante l’attivazione di politiche volte all’inclusione.

Dati in peggioramento

A dispetto delle opportunità offerte dalle nuove tipologie di lavoro agile, le donne continuano a essere penalizzate. Confrontando i dati del “Gender Policies Report 2022” pubblicati dall’Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche (Inapp) con quelli dell’anno precedente, si nota come il tasso di occupazione maschile sia cresciuto dell’1,7 per cento contro l’1,4 per cento di quello femminile e quindi, per le donne sia in aumento il tasso di disoccupazione.

Il divario cresce tra i giovani, con il 32 per cento delle ragazze tra 15 e 24 anni disoccupate, mentre i ragazzi che non lavorano sono il 27 per cento.

«Malgrado la crescita registrata» spiega Sebastiano Fadda, presidente dell’Inapp, «restano immutati i gap di genere nel mercato del lavoro e le criticità strutturali che determinano la bassa partecipazione femminile: occupazione ridotta, prevalentemente precaria, part time e in settori a bassa remuneratività o poco strategici. Dunque, la situazione femminile, pur migliorata in termini assoluti, peggiora in termini relativi».

Roberta Gatto

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