Scuola inclusiva? Parliamone

“Il mito dell’inclusione nella scuola italiana” è il titolo dell’articolo dello storico ed editorialista del Corriere della Sera, Ernesto Galli della Loggia. Un “pezzo” che ha sollevato questioni critiche sullo stato attuale del sistema scolastico, portando alla luce una realtà spesso velata e sempre “nascosta” attraverso una facciata di buone intenzioni.

Sulla vicenda si sono scatenate le critiche, le posizioni e le polemiche. Non ultime i vituperi dei vari rappresentanti delle associazioni che si occupano di disabilità e inclusione. Ma cosa dice, nella sostanza Galli della Loggia? Soprattutto «che la scuola si trova intrappolata in una rete di menzogne». Troppo duro? Troppo tranchant? E poi: vi è «una discrepanza marcata tra i principi inclusivi teorici e la loro applicazione pratica». Ancora, di più: «i meccanismi di inclusione non solo sono inefficienti, ma potrebbero addirittura gravare la situazione se non riformati con urgenza». In pratica, ne va della buona scuola dei normodotati. «La realtà nelle aule rimane distante dagli ideali promossi» prosegue Ernesto Galli della Loggia, «e la convivenza tra studenti normodotati e quelli con gravi disabilità o bisogni educativi speciali (Bes) viene messa in discussione».

È chiaro come queste affermazioni bisticcino clamorosamente con gli ultimi 46 anni di vita scolastica dove sono stati chiuse le strutture dei riformatori e dei Cottolenghi, ma la scuola è davvero inclusiva come si dice? All’alunno con gravi difficoltà viene messo a disposizione un educatore davvero formato e adeguato? Ed esso può lavorare in continuità con lo stesso alunno sviluppando metodi e conoscenze per meglio agire? Spesso questa coesistenza è priva di una vera comprensione e supporto adeguato, sia per gli insegnanti che per gli alunni.

Lo dico per esperienza diretta essendo io cieco dalla nascita e avendo un’età che non mi ha portato a conoscere la “scuola inclusiva” di oggi. Se io non avessi potuto frequentare, sin da bambino, un istituto specializzato per non vedenti, le abilità che ho raggiunto e affinato non mi avrebbero permesso di diventare poi docente di liceo. E dico di più: l’esperienza di insegnante di Lettere mi ha portato poi a lavorare direttamente nella “scuola inclusiva” e sono stato testimone di alunni con gravi difficoltà sensoriali e psichiche che nella scuola hanno effettuato un vero e proprio “parcheggio” senza riuscire a conseguire alcuna (o poche) conoscenze. E seppure vogliamo citare il fatto che abbiano comunque conseguito un diploma di scuole medie inferiori o superiori, è tutto da vedere quelle che sono le abilità effettive.

Forse nella nostra società, il buonismo o peggio l’ignavia, ci fa dimenticare che come la chiusura degli istituti psichiatrici con la legge Basaglia non abbia fatto “scomparire” il disagio mentale, ma solo trasferirlo in altri istituti. Dove? Prevalentemente nelle patrie galere dove si contengono i maggiori numeri di coabitazione con i tossicodipendenti. E anche questo è un aspetto che ricorda molto il vecchio e mai dimenticato sistema risolutivo di pulizia domestica mettendo lo sporco sotto il tappeto.

Bachisio Zolo

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