Il punto sulle polemiche sollevate da Ernesto Galli della Loggia sull’inclusione scolastica

Bachisio Zolo

C’è chi ritiene che Ernesto Galli della Loggia “ignori” le ragioni della scuola e dell’inclusività. E c’è chi plaude a chi, l’argomento l’ha sollevato facendone emergere tutte le ipocrisie. Tralasciando i mittenti e gli “esperti” di divergenti opinioni, provo a (ri)dire la mia su questo argomento sul quale ritengo si faccia molta demagogia, molto pietismo e questo senza, ritengo, le opportune conoscenze e direi anche, pratiche.

Prima di entrare in argomento, faccio una debita premessa che ritengo prioritaria: sono cieco dalla nascita, ho frequentato istituti specializzati dove ho appreso il Braille e poi ho conseguito una laurea e l’abilitazione all’insegnamento in un liceo dove poi ho raggiunto l’età pensionistica. Bene, detto ciò, se io da bambino non avessi frequentato un istituto specializzato, non avrei potuto certo poi frequentare la scuola dove ho insegnato. Conosco le difficoltà di inserimento di un disabile e conosco la scuola per esserne stato docente. Ebbene, inserire un alunno disabile grave in un contesto d’aula scolastica vuol dire penalizzare la classe stessa. Significa “regalare” un “parcheggio” all’alunno disabile e alla sua famiglia senza che gli venga dato quello che proprio la scuola potrebbe e dovrebbe dare. È razzista dire ciò? È tornare indietro alle conquiste culturali fin qui raggiunte? Non credo: ritengo invece sia un modo per denunciare le manchevolezze della scuola che non ha recepito la strada che era stata disegnata. Diciotto ore settimanali per un disabile grave, qualcuno le ritiene sufficienti? Utili? Io, con la mia esperienza ritengo di no. Perché se non avessi avuto l’opportunità di poter frequentare un istituto specializzato all’inizio del mio percorso scolastico, certamente non avrei raggiunto i risultati professionali che ho raggiunto. E non deve essere vergogna dirlo o ammetterlo.

Bachisio Zolo

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