Disabili in Italia, manca un registro

Partiamo da un dato certo: in Italia non esiste un Registro nazionale sulla disabilità. Non si sa, quindi, con esattezza quante persone con disabilità vivano nel nostro Paese. L’Istat lo sta costruendo con difficoltà e nel 2019 stimava 3 milioni e 100mila (5,2 per cento della popolazione). In tanti però pensano sia un numero molto lontano dal reale perché si ipotizza possano essere ben 13 milioni.

A dirlo è la Cbm, un’associazione internazionale presente nel Sud del mondo da più di cento anni con progetti di salute, educazione e vita indipendente per i disabili. Dal 2019 è al lavoro per l’inclusione anche sul suolo italiano.

Secondo l’Oms ci sono 1.3 miliardi di persone disabili (16 per cento della popolazione mondiale), di cui 142 milioni gravi. L’80 per cento di essi si trovano nei a Paesi a basso e medio reddito. Esiste quindi un nesso fra povertà e disabilità.

La relazione fra disabilità e condizioni economiche sfavorevoli non è però mai stata da noi oggetto di studio. Lo diventa con il 1° rapporto di Cbm e Fondazione Emanuela Zancan «Disabilità e povertà nelle famiglie italiane» presentato a Roma recentemente. Nello studio, che ha la doppia natura qualitativa e quantitativa, sono state coinvolte 300 persone con disabilità di diverso tipo (fisica-motoria, intellettiva, sensoriale, psichica) di età compresa fra i 14 e i 55 anni. Vivono in una famiglia con disagio socio-economico del Nord, Centro e Mezzogiorno e vengono individuate fra chi possiede certificazione prevista dalla legge, un riconoscimento di invalidità o l’accertamento per il collocamento mirato. Tutti dati raccolti grazie alla collaborazione di cinquanta fra enti pubblici e realtà del Terzo Settore. Nel quadro ricavato spicca l’isolamento, al di là delle caratteristiche individuali e del luogo dove le persone intervistate vivono. La ricerca mette in luce il carico di cura gravante sulle spalle dei familiari, soprattutto della madre (59,9 per cento), padre (34,8) e fratelli (22,8) con ricadute psicologiche e fisiche. Le badanti sono rare e se ne avvale solo il 9 per cento.

Negli ultimi 12 mesi solo il 21 per cento ha ricevuto a domicilio dal Comune (o da enti privati convenzionati) assistenza (preparazione pasti, aiuto per igiene, pulizia casa) e l’11 per cento prestazioni sanitarie, rivolte soprattutto ai minori (36 per cento), a chi vive da solo (36 per cento) o in coppia (40 per cento), e legate al livello di gravità.

Tra tutti i problemi emersi, spicca l’abbandono. E poi la fatica di arrivare a fine del mese. L’88 per cento dichiara disagio economico soggettivo: il 61,8 per cento non è in grado di fronteggiare una spesa imprevista di 500 euro, il 65 per cento non può permettersi una settimana l’anno di vacanza.  A incidere è anche il non inserimento nel mercato del lavoro di disabile e caregiver.

Emerge su tutto, la necessità di promuovere politiche per l’inclusione sociale e lavorativa.

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