AiSee, l’auricolare che permette di “vedere”

Riconoscere gli oggetti può essere piuttosto difficile se si ha una disabilità visiva. Nonostante esistano delle app che facilitano il compito, come SeeingEye e BeMyEyes, entrambe disponibili gratuitamente su smartphone, l’utilizzo da parte degli utenti richiede un cellulare, una fotocamera, una linea internet e una mano libera, cosa non così scontata se ad esempio ci si trova fuori casa. Ricordiamo infatti come le persone con disabilità visiva devono necessariamente utilizzare un bastone o un cane guida per muoversi autonomamente, il che richiede di avere una mano sempre impegnata.

La soluzione a questo inconveniente arriva però da Singapore, dove un gruppo di ricercatori dell’Augmented Human Lab dell’Università Nazionale ha recentemente presentato l’ultimo prototipo dell’auricolare AiSee.

L’auricolare

Progettato originariamente presso l’Università di Auckland nel 2018, il dispositivo del team asiatico è alimentato dall’intelligenza artificiale e si serve di una telecamera per identificare gli oggetti e fornire descrizioni vocali.

Come funziona

Diversamente dalle applicazioni per smartphone, l’auricolare AiSee non richiede l’uso di cellulare o di altri dispositivi, funzionando in totale autonomia.

Infatti, si attiva con la semplice pressione di un pulsante situato sull’orecchio sinistro. Una fotocamera incorporata da 13 megapixel cattura le immagini degli oggetti per l’identificazione da parte del sistema AI, che quindi fornisce descrizioni a chi indossa l’auricolare tramite altoparlanti a conduzione ossea. Questi altoparlanti consentono di ascoltare le descrizioni anche in ambienti esterni rumorosi senza ostruire i suoni ambientali importanti. L’utente può anche interagire con l’IA ponendo domande sull’oggetto per ricevere informazioni aggiuntive.

Inoltre, l’auricolare è dotato di una batteria ricaricabile da 1200 mA e promette di essere immesso sul mercato a prezzi accessibili.

Infine, il progetto AiSee continua la sua fase di sviluppo per migliorare ulteriormente le prestazioni, «tra cui un design più ergonomico e un’unità di elaborazione più veloce», come spiega l’Associato Prof Nanayakkara dell’Università Nazionale di Singapore.

Roberta Gatto

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