Docenti in Italia: forti nelle proprie materie, ma deboli su multiculturalismo e Ia

Il 96 per cento dei docenti italiani è soddisfatto del proprio lavoro, ma solo uno su sette ritiene di godere della giusta considerazione sociale e meno di uno su quattro è soddisfatto del proprio stipendio. Sono i numeri che emergono dal Rapporto Ocse Talis 2024 presentato al Ministero dell’Istruzione e del Merito. I dati sono stati realizzati raccogliendo le opinioni di 280mila docenti e presidi di 17mila scuole medie di ben 55 Paesi.

Carmela Palumbo, capo dipartimento al Mim sottolinea come, «l’indagine Ocse conferma caratteristiche e problematiche del nostro corpo docente». La prima su tutte è quella di un’età media che, nonostante l’accelerazione impressa con i concorsi banditi, continua a restare significativamente più alta che nella media: 48 anni contro 45, mentre gli under 30 sono praticamente delle rarità (3 per cento contro il 10 degli altri Paesi).

Questo dato si riflette soprattutto nelle scuole medie: professori e professoresse (le donne sono il 77 per cento), nella metà dei casi (49 per cento) hanno più di 50 anni. Nonostante il divario generazionale, il 90 per cento degli insegnanti italiani si sente in grado di sostenere l’apprendimento socio-emotivo degli studenti.

Un dato da confrontare con la media Ocse dove invece il 73 per cento si considera adatto. Ben l’89 per cento dichiara di sentirsi in grado di progettare attività per gli alunni con Bes (bisogni educativi speciali). E si tratta di disabilità, disturbi dell’apprendimento, studenti provenienti da contesti svantaggiati. Anche in questo caso la percentuale è più alta della media Ocse (ferma al 62 per cento).

Per quanto riguarda la cosiddetta “gestione della diversità”, l’84 per cento dei docenti dichiara di adattare le lezioni agli alunni non madrelingua, anche se gli insegnanti di italiano L2 (italiano per stranieri) sono ancora una rarità nelle nostre classi.

Di contro, quando i docenti vengono interrogati sulla loro formazione iniziale, rispondono di sentirsi forti nella propria disciplina (91 per cento è soddisfatto della preparazione ricevuta), ma vacillano su quello pedagogico (solo il 51 per cento è soddisfatto).

Sulla multiculturalità va peggio perché solo due su cinque (il 40 per cento) si sentono preparati.

Come si rimedia a questo dato? In parte ci pensa l’aggiornamento professionale: l’83 per cento degli intervistati ritiene che sia stato utile (contro una media Ocse molto più bassa del 55 per cento), ma di nuovo le aree più critiche riguardano il supporto socio-emotivo degli alunni, la gestione del comportamento, il plurilinguismo.

Le principali ragioni di stress sono la quantità di adempimenti burocratici (56 per cento), ma anche le pile di compiti da correggere (ma questa è una costante) e la necessità di rispondere alle preoccupazioni dei genitori (48 per cento).

Un dato emerge su tutti: il gradimento complessivo per la professione. Già altissimo negli altri Paesi (89 per cento di media), in Italia è del 96 per cento.

Gli stipendi

Solo un insegnante su sette in Italia è d’accordo sul fatto che la professione docente goda di una giusta valutazione (14 per cento contro il 22 per cento della media Ocse). Per quanto riguarda gli stipendi, meno di un insegnante su quattro è soddisfatto della propria paga (23 per cento contro una media Ocse quasi doppia: 39 per cento).

Per quanto riguarda l’uso dell’intelligenza artificiale a scuola, in Italia l’impatto è stato per ora relativamente limitato, rispetto ad altre realtà. Quasi il 70 per cento dei docenti lamenta di non avere le competenze necessarie. Nel 2024, solo un insegnante italiano su quattro ne faceva uso, contro una media Ocse di uno su tre. In linea con le indicazioni internazionali, da noi gli insegnanti la usano soprattutto per preparare e riassumere le lezioni (70 per cento) oppure come supporto agli alunni Bes (61 per cento). Pochissimi se ne servono per valutare gli studenti e attribuire loro un voto.

Bachisio Zolo

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