Calcio, passione e inclusione

La app al Museo del Calcio a Coverciano

Il campionato di Serie A 2012/2013 era stato accompagnato dallo slogan “Il calcio è di chi lo ama”. Sono passati 10 anni eppure questa frase è ancora di grande attualità. Ma il calcio è passione e in questa direzione vanno alcune storie di inclusione arrivate agli onori della cronaca grazie ai social netowrk.

Genitori “radiocronisti”

Sugli spalti di San Siro a Milano, ad esempio, Claudio Mussi racconta al figlio Matteo le partite dell’Inter. Tradizione iniziata per sopperire all’indisponibilità del servizio di audiodescrizione (introdotto poi nel 2019. Ancora oggi Matteo preferisce seguire gli incontri attraverso le parole del padre vivendone le emozioni e respirando l’atmosfera dello stadio.

Luigi e Luca Bartolucci

Storie straordinarie che accadono anche in contesti più piccoli, ma non per questo meno appassionati. È il caso di Luca Bartolucci tifoso della Vis Pesaro e non vedente dalla nascita. Anche in questo caso a fare da radiocronista è il padre. C’è tuttavia una particolarità: Luigi e Luca vivono le partite dalla tribuna Prato, tra gli ultras. Ed è stato proprio Luca a voler andare nel settore più caldo. Il motivo? «Il calcio è emozione e passione, voglio viverlo intensamente, in mezzo ai tifosi che incitano la squadra dal primo all’ultimo minuto». Il padre Luigi evidenzia le difficoltà dovute al cambio di settore: «in tribuna ci passavano la distinta per riconoscere i giocatori e Luca poteva sentire chiaramente la mia voce scandire le azioni. Adesso faccio la cronaca circondato da ragazzi che cantano. Magari Luca si perde qualche azione, ma ci guadagna in entusiasmo».

Dai club alla Nazionale, l’accessibilità al Museo del Calcio di Coverciano

Il Museo del Calcio di Coverciano ha realizzato, in collaborazione con la Fondazione Cr di Firenze, l’applicazione sensoriale “Museo del Calcio Open” disponibile per dispositivi iOS e Android.

L’app mette a disposizione dei visitatori ciechi e ipovedenti un’audioguida che racconta le 5 sale che costituiscono il museo. L’audioguida si attiva automaticamente durante la visita grazie alla tecnologia beacon (sensori attivati basati su tecnologia bluetooth in grado di connettersi e trasmettere dati ai dispositivi mobili in cui è presente un’apposita applicazione).

I visitatori ciechi e ipovedenti, previa richiesta al personale, possono inoltre toccare alcuni oggetti esposti tra cui la pipa di Bearzot, la maglia indossata da Fabio Cannavaro nella finale dei mondiali del 2006 o il pallone della finale europea vinta a Wembley da Roberto Mancini.

I visitatori sordi o ipoudenti possono, grazie alla tecnologia della realtà aumentata, inquadrare gli oggetti contrassegnati dal simbolo “Ar” e vedere sullo schermo del proprio smartphone un video realizzato in Lis che racconta la storia dietro quel trofeo, quella maglia o altri oggetti esposti.

“Quattro quinti” un docufilm sul calcio e la disabilità visiva

Ma quale è l’esperienza calcistica delle persone cieche o ipovedenti che giocano a calcio? Una risposta si trova in “Quattro quinti”, docufilm di Stefano Urbanetti. Della durata di 66 minuti, il documentario segue la squadra di calcio dei non vedenti della Roma durante la finale di campionato. Il regista raccoglie le testimonianze dei giocatori e racconta il loro universo fatto di suoni e sensazioni che sostituiscono la vista.

Nel comunicato diffuso da Blindsight Project, che ne ha curato l’accessibilità in occasione della Festa del Cinema di Roma, si legge come «l’opera contrasta il pregiudizio che nella quotidianità delle persone con disabilità visiva, ma anche in quella delle persone con disabilità in generale, non ci sia allegria e voglia di vivere. Mentre la scelta di mostrare questi uomini impegnati in un’attività sportiva da un lato sfata quell’idea che ancora connota la disabilità come questione medica, dall’altro evidenzia il carattere inclusivo del calcio e di tutti gli sport».

Emanuele Boi

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