In carrozzina studiando soluzioni per le persone con disabilità

Paolo Berro

Dapprima il suo contributo alla Legge Stanca e le campagne per il web libero. Paolo Berro, 47 anni, è Chief Accessibility Officer di AccessiWay, una giovane azienda che si occupa di accessibilità digitale in tutti i settori. A 21 anni, a causa di un incidente in auto, ha dovuto trascorrere il resto del suo tempo seduto su una carrozzina paralizzato dalla testa in giù. Fine di tutto? No, perché Paolo Berro ha proseguito i suoi studi, coltivato le sue passioni e, soprattutto, si è dedicato agli altri. In che modo? Intanto si è laureato in videoconferenza al Politecnico di Torino in Ingegneria Meccanica e Ingegneria logistica della produzione facendo gli esami a distanza e seguendo i corsi tramite videocassette. Del resto, Paolo Berro aveva lavorato in prima persona alla proposta di legge sull’accessibilità digitale nella pubblica amministrazione. Sì, proprio quella che poi è diventata la Legge Stanca (del 2004) attualmente in vigore in Italia (vedi qui, Vent’anni di “Legge Stanca”, ma la conosce solo il mondo della disabilità – Cittadinanza Sociale (cittadinanzasocialenews.it)).

Paolo Berro durante un’intervista su Ra1

Il lavoro svolto dal neo ingegnere è sempre stato improntato alla ricerca di soluzioni per migliorare la qualità della sua vita, certo, ma anche di quella delle tante persone che hanno una disabilità. E proprio per questo ha creato tante nuove opportunità offerte dalla tecnologia.

La storia

Oltre venti anni, insieme all’amico e studioso Gilberto Rovai (affetto da neurofibromatosi 2) e con l’aiuto dell’attore e regista Leonardo Pieraccioni, condusse una battaglia con appelli sui quotidiani e sulle tv per ottenere la navigazione libera sul web per chiunque avesse una malattia invalidante.

Attenzione, perché si sta parlando di un periodo in cui non esisteva la navigazione Internet a canone fisso come oggi. Stare connessi costava molto e anche solo collegarsi per scaricare la posta elettronica era un problema: ogni minuto si pagava il costo di uno scatto di telefonata. Ricordate?

Fu allora Italiaonline (poi diventata Infostrada, Wind e poi WindTre) a offrirgli l’opportunità dandogli anche una borsa di studio e poi un posto di lavoro interno in azienda così da potersi occupare di accessibilità.

La startup

Non è stato un incarico dato inutilmente. Da un anno e mezzo lavora in AccessiWay, un’azienda nata tre anni fa da una startup. Con lui, tanti ragazzi con un’età media di 29 anni. Pensare come l’amministratore delegato ne ha 25, ma l’età proprio non si percepisce. La mission della startup? Cercare di diventare punto di riferimento per l’accessibilità digitale. Tradotto: dare la possibilità di poter fruire di tutti i contenuti digitali tramite gli strumenti assistivi che le persone con disabilità utilizzano.

Un esempio? La persona non vedente che usa un software di lettura a schermo sul pc gli deve consentire di poter leggere a voce il contenuto, deve potersi collegare a un sito di trasporti, deve poter acquistare un biglietto e arrivare alla destinazione finale senza nessun problema.

La parola d’ordine diventa dunque accessibilità digitale e fruizione completa di questo percorso con soddisfazione totale dell’utente dall’inizio alla fine.

Situazione in Italia

Gli Stati Uniti sono tra i Paesi più all’avanguardia in questo campo: hanno dato regolamenti ferrei sull’accessibilità ai contenuti delle pubbliche amministrazioni. E in Italia?

«In Italia» ammette Paolo Berro, «siamo pure messi bene. Abbiamo una delle leggi più belle del mondo, ma il problema è che l’ente che deve fare i controlli sull’accessibilità delle pubbliche amministrazioni e delle aziende che sono obbligate dalla normativa attuale ha poche risorse per farli rispettare». Le regole ci sono pure, ma non vengono rispettate.

Nuovo regolamento

Tutte le speranze al riguardo sono riposte a giugno 2025, quando entrerà in vigore l’European Accessibility Act. Si tratta di un nuovo regolamento che obbligherà tutte le aziende (tranne le microimprese) ad avere prodotti, servizi e documenti accessibili a tutti. Sarà una norma valida per tutta Europa, non solo in Italia. Adesso è pure valida, ma solo per le pubbliche amministrazioni e per le aziende che hanno un fatturato medio degli ultimi tre anni superiore ai 500 milioni di euro. Con la European Accessibility Act, la platea di siti accessibili si amplierà di molto.

E la tecnologia continuerà a migliorare la vita delle persone con disabilità.

Basti pensare a come venticinque anni usando il software di riconoscimento vocale si poteva dettare una parola alla volta. Oggi invece, si può arrivare a scrivere 120 parole al minuto.

Bachisio Zolo

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